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Abbiamo chiesto a tre famosi artisti americani (vivi e no) un parere sulle prossime elezioni USA.

DAN BROWN

Se entriamo nella terza cripta a destra della chiesa di San Ignazio a Roma e poi scendiamo dodici scalini, incontriamo una sala pentagonale con una lapide dove è incisa una frase oscura e diabolica “mater sempre certa pater umquam”. Superiamola a zoppo galletto e troveremo un corridoio terminante in una porta di bronzo costruita da Brunelleschi (o uno come lui) che porta incisa una seconda scritta misteriosa: “si cartuscella volat, tota scientia squagliat”. Se riusciamo a uccidere il custode, un topo vestito da templare, potremo aprire la porta con la chiave della camera 34 dell’Hilton e, dopo aver salito una scala ripida con teschi di gesuiti nelle nicchie, sbucheremo in piazza del Popolo al bar Rosati, perché io di Roma non ci ho mai capito un cazzo e tanto meno di storia o architettura.
Dopo aver preso l’aperitivo, attraverso le cucine scenderemo nella catacomba di San Callisto, dove troveremo una statua che forse è del Bernini o del Borromini. La statua, detta Er Capitano, indica col piede sinistro una piccola bifora o trifora. A mezzanotte in punto un raggio di sole entrando da quella finestrella indica la tomba di papa Bonifacio ventiseiesimo su cui è inciso “Papè satan Papè satan aleppe” che credo sia un verso di Caravaggio, e sotto ci sta una scritta piena di XXX e VVV che non capisco cos’ è, ma se la grattiamo vinciamo una seconda scritta incisa dagli Illuminati o dal Ku Klux Klan in cui è contenuta una tremenda profezia su Donald Trump, e tutti i risultati futuri del campionato di baseball che io poi scommetto e faccio i soldi.

QUENTIN TARANTINO

Se spari con una carabina Winchester modello 1873 a un uomo gli fai un gran buco in testa, se invece usi un fucile a pompa Mossberg 590 lo decapiti e gli schizzi vanno fuori dall’inquadratura. Questa è la sintesi dello scontro tra Hillary e Donald. Io sarei per Hillary ma è sciapa, non regge la coca e non sa fare arti marziali, mentre Donald sa fare la scoreggia incendiaria dopo aver bevuto whisky e ha il sostegno dei produttori di armi. Sono state elezioni molto noiose. Mi sarebbe piaciuto un presidente vampiro, o che sterminava il Senato a raffiche di mitra, ma è stata soltanto una rissa da osteria. Il mio amico Morricone che aveva preparato dei pezzi rock, adesso sta componendo dei parapaponzi. Spero che il pulp cominci adesso, io sono pronto.

ERNEST HEMINGWAY

Stavo pisciando in un torrente su nel Michigan e cercavo di scoprire se c’era qualche trota. Ma non vidi nessuna fottuta trota.
Sentii un rumore tra i cespugli e apparve Trump. Era in tuta mimetica, però i capelli lo rendevano facilmente individuabile, ci aveva già fatto il nido una cicogna.
Mi disse: – Ernest, voglio diventare presidente.
-Cosa ci guadagni? – dissi io continuando a pisciare.
-Ernest – sospirò – io non ho mai pagato le tasse.
Scosse la testa, pisciò anche lui e mi sembrò invecchiato dall’ultima volta che l’avevo visto a una gara di acchiappamaiale in Texas.
– Voglio spaccare la faccia a quella maledetta Hillary – ringhiò – Mi ha battuto in televisione, ma io avevo il microfono più piccolo.
– Donald – dissi continuando a pisciare – sei grande e grosso ma sei un pugilatore mediocre. Stai troppo fermo sul tronco e non ha il gancio destro.
– Cerchiamo un bar – disse lui
Dentro la foresta c’era un bar pulito e illuminato bene. Era frequentato solo da pellerossa e da pescatori di trote.
Ne dedussi che le trote c’erano.
– Due mojito – dissi al cameriere, che aveva una bella faccia da apache.
– Cos’è un mojito? – chiese quello.
– Lo vedi? – strillò Donald – Questi cazzo di messicani vengono qua a rubarci il lavoro e fotterci le donne, e non sanno neanche più fare il loro maledetto mojito.
– Il mojito è cubano, Donald e il barista non è messicano.
– E non è neanche cinese – disse Donald, e si mise a piangere.
Non sopporto vedere piangere un uomo grande e grosso.
Così lo stesi con un cazzotto. Pescai a lungo, ma non presi nessuna trota, solo polipi, non ero più tanto sicuro di essere in Michigan. Insegnai al barista pellerossa a fare il mojito e me ne scolai una dozzina.
Donald riprese i sensi.
– Posso farcela – disse – posso rimontare. Anche Hitler lo ha fatto.
Non è mai stato forte in storia, pensai. E si allontanò, con quella sua andatura da tricheco del Queens. Pensai che non sarebbe stato un buon president, ma in fondo, todo es nada.
Stefano Benni

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