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IL MONDO IN MANO ALLE PLURICRAZIE.

Dialogo con Cornelius Noon

Cornelius Noon è considerato il nuovo genio maledetto della filosofia politica. Nato nel 1943 in Irlanda, è professore alla Trans Allegheny University di Weston in West Virginia. Da anni le sue lezioni sono seguitissime, e si dice sia stato consultato da molti capi di Stato e finanzieri. Finora non aveva mai lasciato una sola riga scritta sul suo pensiero, ma qualche mese fa ha cambiato idea e il suo libro Pluricracy stampato in poche copie dalla Hydra Press ha suscitato polemiche feroci e verrà pubblicato dalle maggiori case editrici mondiali. In esclusiva siamo riusciti ad avere questa intervista, impresa non facile, perché Noon è famoso per il suo carattere intrattabile e la sua bizzarria.

Il primo capitolo del suo controverso libro si chiama: “Il cadavere delle democrazie”. Un po’ forte, non crede?
«Niente affatto. Le democrazie non esistono più, anche se il pensiero politico si rifiuta di ammetterlo. Per anni, nell’ambitus della differenza tra democrazia e dittatura, è nata e ha prosperato l’illusione di una forma politica “migliore” o “meno peggio” delle altre. L’illusione è caduta, ma la parola democrazia viene ancora abbondantemente usata anche se questa forma di governo, nel senso di “governo del popolo” o di “volontà dei più” non ha più nessun riscontro nella realtà. La pluricrazia è la forma di governo, anzi la forma di occupazione del pianeta che l’ha sostituita. Gli alieni sono scesi sulla terra e siamo noi».

Come dobbiamo intendere il suo termine “pluricrazia”?
«Sarebbe più corretto dire system of pluricracies o SOP, secondo l’orrenda sigla coniata dai miei divulgatori. Una forma di potere globale non eletta e non elettiva, con fini e mezzi diversi dalla democrazia. Potremmo dire che è parassitaria della democrazia, anche se per i greci il termine “parassita” aveva un significato diverso da quello moderno. Le democrazie rimandavano a una forma di Stato che accoglieva le richieste e i bisogni dei cittadini, prometteva di proteggerli e pur con mille imperfezioni, dava alle diverse morali, e alle contrapposte esigenze, una risposta unica, o ritenuta unica. Ora tutti possono vedere che in ogni parte del mondo sono nate forme di potere-occupazione, strutturate come veri apparati statali, con parlamenti, gerarchie, forze militari, costituzioni interne. Non si ispirano a nessuna idea di democrazia e fanno a meno di lei senza sforzo».

Potrebbe farci qualche esempio?
«La tecnocrazia, la plutocrazia finanziaria più o meno mafiosa, la teocrazia, persino la farmacocrazia e le ludocrazie-onagrocrazie culturali. Agiscono tutte con progetti, scopi e morali proprie. Preferiscono a volte operare in una finzione di democrazia, o allinearsi a una dittatura, ma la loro ideologia è quanto di più lontano ci possa essere dal rispetto del volere popolare. Il consumatore, il cliente, il connesso, il degente, lo spettatore, il fanatico sono i loro sudditi, non il cittadino. Li chiamano talvolta poteri forti ma sono piuttosto poteri folli, che disprezzano la vecchia ratio del bene comune. Anche se talvolta scelgono un volto per apparire, preferiscono essere invisibili. Ascoltano solo voci selezionate da loro: la banca dati, l’audience, il sondaggio, il call center hanno sostituito la piazza. Recentemente ho sentito il termine social-democrazia, col trattino, per celebrare il web. Invenzione dolce e consolatoria. Il web è un’oligarchia, anzi ha creato gli ultimi monarchi. Steve Jobs è l’ultimo dei semi-dei prometeici».

Uno dei suoi concetti più dibattuti è quello di Stato-schermo. Quindi lo Stato esiste ancora?
«Anche un anarchico non può fare a meno di una bandiera, diceva De Selby. Lo Stato è uno schermo sul quale le pluricrazie proiettano la loro immagine in modo rassicurante. Ma lo Stato non ha più nessun contenuto, è fatto di trame scritte altrove, di recite dove ruotano i cast di maggioranza e opposizione, di attori brillanti o tragici. Se mi chiedessero a cosa somigliano Trump e Hillary, direi Gambadilegno e la fata di Cenerentola. Ogni vera decisione è presa dal SOP, che la trasferisce allo Stato-schermo perché la trasmetta ai cittadini. Le pluricrazie sanno bene che cose come il voto, la legge, l’esercito, i confini, la bandiera e la Nazionale di calcio sono rassicuranti. Essere in balia dell’informe spaventerebbe. Si accetta che la squadra del cuore venga comprata da un miliardario russo o da uno sceicco, ma guai a cambiare i colori della maglia. Bisogna avere uno schermo su cui proiettare lamenti e rabbia, nell’illusione di essere considerati. L’ultima forma della democrazia è la frenocrazia, la possibilità per ognuno di lagnarsi e dare la colpa a qualcuno della propria infelicità. Ma è un Paraclausithyron, un lamento a una porta chiusa».

Lei è totalmente pessimista. Ma è possibile il progresso o la pace con le pluricrazie?
«Il progresso di tutti non esiste più, esiste soltanto il progressivo rafforzamento delle pluricrazie. In quanto alla pace la guerra moderna non è più tra Stati, basta vedere la frammentazione del conflitto mediorientale per rendersene conto. È un continuo scontro tra avidità contrapposte, ammantato di motivazioni religiose, storiche o etniche, più complesso e imprevedibile delle guerre del passato. Uno Stato potrebbe volere la pace, ma lo spingeranno in guerra i suoi petrolieri o i produttori di armi, i suoi servizi segreti deviati o un gruppo religioso bramoso di anime e di territorio, un impero mafioso, o un’azienda che ha bisogno di materie prime e nuovi mercati. È più facile immaginare una guerra nucleare tra Google e Microsoft, o tra AT&T e Verizon, o tra Hollywood e Bollywood, che tra Usa e Russia».

E le dittature?
Neanche le dittature esistono più. Sono film un po’ più pulp, schermi in cui ha grande importanza il primattore, una figura unica di leader, con l’aggiunta degli effetti speciali di un poderoso apparato militare e un controllo dei media più spietato. Ma nessun dittatore può permettersi di andare contro il SOP, nessun tiranno ha più l’esclusiva della tortura, o della censura. Per restare sul suo trono deve piegarsi a una o più pluricrazie, spesso è soltanto un componente del loro consiglio di amministrazione.».

Quindi lei non ha soluzioni?
«No, e se le avessi me le avrebbero già prese con la forza. Le pluricrazie hanno vinto. Non so se troveranno una forma di convivenza o distruggeranno il pianeta nella battaglia per la supremazia. Quello che è certo è che non lasceranno più spazio a nessuna forma democratica che non sia secondaria e sottomessa. Il parassita ha divorato l’ospite. Solo la nascita di una nuova coscienza della libertà, una totale disconnessione della nostra vita dal sistema pluricratico potrebbe salvarci, ma io non spero più. Singoli gruppi possono inserirsi negli spazi vuoti dell’invasione del SOP, ma questi spazi sono sempre più stretti e stritolanti»

Si dice che lei sia consigliere di Bill Gates e di Putin. Ma che consigli potrebbero avere da lei?
«Sono calunnie. Io riesco a malapena a consigliare qualche libro ai miei alunni. Sono un pensatore, e come tutte le forme di intelligenza autonoma, sono destinato a scomparire. Ho deciso di lasciare qualcosa di scritto perché per un attimo potrebbe intralciare le pluricrazie e costringerle a uno sforzo per disinnescare il mio discorso. Ma entro pochi mesi, il mio pensiero sarà ingoiato dal loro magma, oppure in nome delle mie parole nascerà una pluricrazia perversa».

Lei detesta, ricambiato, quasi tutti i suoi colleghi. Ma nella sua teoria si è ispirato a qualcuno?
«La mia non è teoria, è opsis. All’inizio ho seguito con interesse De Selby, Deleuze, Jankelevith e Starobinski, ma anche loro sono rimasti prigionieri del democentrismo. Penso che la scomparsa di Laurel e Hardy, e poi il grido di Bacon abbiano annunciato il declino del pensiero occidentale. Ma la data che segna la fine dell’illusione democratica è la morte di John Lennon. Voi italiani siete adoratori della parola “Vip” ma contate meno di un miliardario cinese».

E la Cina?
«Finirà in pezzi. Adesso basta, devo andare a mangiare, oggi c’è il purè».
Un’ultima domanda : il dramma dei migranti?
«Non si “emigra” più, si fugge e basta, Al SOP di tutto questo non frega nulla, le pluricrazie non hanno né patria né confini né ricordi. A loro non interessa la sofferenza degli individui, ma quella dei bilanci. Le pluricrazie rendono invivibili i Paesi con sfruttamento e guerre costringendo la gente a fuggire, poi costringono gli Stati-schermo e i volonterosi a occuparsene. Sono agenzie turistiche sataniche.

Una parola di speranza?
«La chieda alle pluricrazie, ne hanno di diverse e molto seducenti»

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