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Un Casinò chiamato Italia

C’È UN paese dove, quando accade qualcosa di clamoroso, non ci si chiede come reagirà l’opinione pubblica, ma come reagirà la Borsa. E dove l’ approvazione di una Finanziaria consuma più energie di mille scelte politiche. Ovvio che gli abitanti di questo paese sognino grandi fortune e carriolate di miliardi, e siano diventati un popolo di scommettitori, grattatori, biscazzieri, quizzaroli, schedinologi, cabalisti, lotteriofili e lottisti normali e super. Per i giornali è una febbre, per gli psicologi è una compensazione, per la Chiesa è peccato, per lo Stato è un’entrata. Per noi, è un interessante campionario da cui trarre alcuni esempi.

Il giocatore di cavalli – Antico scommettitore che ha subito una mutazione genetica. Una volta le sale gioco sembravano un saloon di El Paso, o il bar di Guerre Stellari, adesso sembrano l’aeroporto di Tokyo, moderne e computerizzate. Ma potete trovare ancora qualche vecchio giocatore doc all’ippodromo. Si riconosce da tre particolari: (1) beve solo fernet o tombolino, micidiale mistura di caffè e liquore che provoca la tachicardia ippica, al ritmo degli zoccoli dei cavalli. Se volete individuare un vero giocatore, tastategli il polso. Se ha più di duecento battiti al minuto è genuino; (2) il vero giocatore conosce, o fa finta di conoscere, tutti i cavalli. Dice “Veleno oggi non vince, ha lo sguardo triste”. Oppure “Vaniglia mi ha strizzato due volte l’ occhio, vuol dirmi che arriva seconda”; (3) il vero giocatore, a fine anno, è sempre in perdita.
Il lottista – Il vecchio appassionato del lotto, quello che gioca i numeri dei sogni e dei morti celebri, esiste ancora, ma ha subito una notevole evoluzione. Gli specialisti di Smorfia si sentono rivolgere domande del tipo “ho sognato mia nonna che faceva una strage in un McDonald’s con un mitra, che numeri devo giocare?”. Il giocatore di superenalotto, invece, è un cybergiocatore, ipnotizzato dall’entità della cifra. Vi riporto un dialogo veramente ascoltato (lo giuro sulla costituzione americana).
Signore – Vorrei giocare al superenalotto, secondo lei quanto si vince questa settimana?
Tabaccaio – Cinque o sei miliardi.
Signore (sospirando). Allora non ne vale la pena.

Il totocalcista – Ne esistono di tre tipi. (A) Lo sprovveduto, che gioca schedine precotte, mette i segni a caso e atterrisce i presenti con domande del tipo “la Spal è quella che gioca a Madrid?”. (B) Lo scientifico, per il quale la schedina è una sofferenza. Passa ore a valutare i precedenti, consulta i giornali, soppesa le formazioni. Spesso lo si può trovare addormentato sul tavolo del bar, la testa sulla “Gazzetta” e in tasca l’ultima lastra del ginocchio di Baggio, misteriosamente in suo possesso. (C) Il sistemista, che gioca per anni e anni la stessa schedina, solo o con amici. Se è un sistemista di gruppo, guai a tradire. È più facile uscire dalla Legione straniera o da una setta satanica che da un clan di sistemisti organizzati. Pare che alla base della vendetta del conte di Montecristo ci fosse in realtà la sua esclusione da un tredici.

Il giocatore di casinò – Personaggio mitico ormai in estinzione. Non si va più a Montecarlo per rischiare, ma per prendere la cittadinanza monegasca e non pagare tasse. Gommoni stracarichi di vip italiani sbarcano nel porto del principato, sperando in un futuro migliore. Al posto del demone del gioco, li accompagna un angelo commercialista.

Il telegiocatore – Sicuramente il settore in maggiore espansione. Se i concorrenti entrassero in sciopero, la televisione dovrebbe chiudere. Invece eccoli lì, entusiasti e educatamente tonti per adeguarsi ai testi e ai presentatori. Lasciando da parte gli specialisti, come l’indovinatore di ritornelli, il battezzaprezzi e lo scopritore di frasi segrete, magari finto o con le soluzioni in tasca, i telegiocatori si dividono in due categorie:
a) il telefonatore che gioca da casa ed entra subito in garrula intimità col presentatore, con dialoghi del tipo: “Mara, ma che piacere sentirti”. “Brandolfo, ma che bel nome hai, che mestiere fai?”. “Il becchino”. “Ma che carino, dai, giochiamo”. Il telefonatore abitualmente non deve rispondere a domande di alto profilo, ma niente è troppo facile per lui. Esempio. Presentatore – Mi dica qual è la città della Toscana dove si corre un famoso palio e che comincia con Sie…
Telespettatore – Un aiutino, Paolo, un aiutino…
b) l’ospite in studio. Nel tentativo di risollevare le sue sorti, la tivù moltiplica la cattura di coppie, nuclei familiari, gruppi di amici, condomini limitrofi, bande di ottoni, reparti ospedalieri, onde poterli quizzare a grappoli. Se una volta per partecipare bisognava esser esperti di qualcosa, adesso anche un intenditore di funghi è troppo intellettuale per l’Auditel. Per cui i giocatori vengono sottoposti a un processo di cretinizzazione che esclude rigorosamente qualsiasi forma di intelligenza istintiva o scolasticamente appresa. Esempio: per vincere, il nonno è obbligato a raccogliere limoni con la bocca in una vasca da bagno. La madre deve cantare a singhiozzo “Tintarella di luna”. Il padre (l’ho visto, giuro sulla testa di Berlusconi) deve imparare a memoria i sessanta nomi dei presentatori televisivi più famosi con data di nascita. La nonna deve fare la sfoglia appesa per i piedi. Il bambino deve far dondolare la nonna se no è troppo facile. Alcuni giochi prevedono la partecipazione di squadre contrapposte di vip, e bisogna ammettere, a loro onore, che riescono a essere molto più cretini dei concorrenti abituali.

Il giocatore estremo – Scommette solo su cose pericolose e illecite. Gare notturne di moto sulle rotonde, duelli di camion, corse abusive di cavalli, combattimenti di cani pitbull, tiro ai topi con la carabina, lancio di pietre in autostrada. Queste scommesse fetenti, ma anche le lotterie normali, in quanto idolatrie del denaro, sono state recentemente condannate dalla Chiesa. Che però non ha certo paura delle grandi cifre, come dimostra il Giubileo. Se le curie e i sindaci si dessero da fare per trovare casa ai poveri, come si impegnano a ristrutturare e preparare posti per i pellegrini di Roma, il problema della casa sarebbe risolto. Perché la Chiesa è formata da tantissime persone pronte alla rinuncia e al sacrificio. Ma ogni tanto, Marcinkus insegna, spunta anche qualche talento da croupier.

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