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Polvere e altare

Per la serie “scuola di giornalismo” anticipiamo i due possibili
corsivi che appariranno alla fine del Mondiale di calcio.
VERSIONE UNO (Italia campione del mondo)
«L’avevamo detto. Le cassandre, i corvi, i calciofobi dell’ultima ora
sono serviti. Il mondiale romano consacra l’Italia superpotenza
imprenditoriale e calcistica. Abbiamo vinto due volte: sul campo, e sul
palcoscenico dell’ammirazione internazionale. Onore anzitutto all’uomo
che ha, come lui stesso dice, “costruito questo sogno”: Luca
Cordero di Montezemolo. Un uomo con lo sguardo ironico e aristocratico
di chi ha lasciato la Ferrari senza rimpianti, un giovane manager che ha
con lo sport un rapporto attivo (è un eccellente tennista e
velista). Il suo volto sorridente, insieme alla mascotte Ciao, felice
fusione tra il rotondo estro dei nostri calciatori e la geometrica potenza
dei nostri imprenditori, ci ha accompagnato in questo gioioso cammino.
Cammino iniziato con qualche difficoltà, come la lieve sforatura nel
preventivo (ma cosa sono tremila miliardi? neanche la metà del
fatturato Ibm). L’entusiasmo contagioso ha fatto sì che qualche
lavoratore eccedesse nell’impazienza di terminare il lavoro e perdesse la
vita in interminabili incidenti. Ma queste nuove strade, questi agili
svincoli, questi stadi razionali, opere quali i villaggi dei Vip e il moloch
Rai di Grottarossa ricorderanno il sacrificio delle nostre maestranze.
La meravigliosa compagine azzurra, superata l’indegna gazzarra di Coverciano,
ha dilagato. Su tutti ha brillato la stella di Baggio, giocatore che
sicuramente vale più dei ventisei miliardi spesi dal lungimirante
Agnelli, per non parlare di Zenga, Vialli e degli altri atleti che hanno
lungamente rinunciato alle gioie del sesso per regalarci questo trionfo.
Essi sono giocatori moderni che sanno fare i fotomodelli e i presentatori
televisivi con la stessa naturalezza con cui calcano il rettangolo di
gioco. Per finire, un grazie agli sponsor. C’è un bellissimo spot
Rai, in cui si mostrano alcuni lavoratori italiani che, su una piattaforma
petrolifera squassata dalla bufera, non rinunciano a godersi il nostro trionfo
calcistico. In tutte le future tempeste, questa vittoria resterà nei
nostri cuori come una piattaforma ben salda nel mare delle difficoltà.
Siamo un grande paese. Grazie Luca, grazie Vicini, grazie meravigliosi
ragazzi, grazie Ip, grazie gillette, Grazie Giulio, presidente del
consiglio della squadra campione del mondo 1990».
VERSIONE DUE (Italia eliminata al primo turno)
«L’avevano detto. I faciloni, i pretoriani, i calciofili dell’ultima ora
sono serviti. Il Mondiale romano rigetta l’Italia là dove le compete,
nella casbah del Terzo mondo. Abbiamo perso due volte: sul campo e davanti
al ludibrio internazionale. Responsabile di questo disastro è uno
sbarbatello che a mala pena saprebbe gestire una baracchina di gelati,
Luca Montezemolo, un uomo con lo sguardo strafottente di chi ha appena
lasciato la Ferrari posteggiata in terza fila, un giovane arraffone che ha
con lo sport un rapporto di cronico esibizionismo (è stato espulso dal
suo circolo di tennis perché gridava
“mia” a tutte le palle in gioco su sedici campi). Il suo volto
da gufo impagliato ha turbato le nostre notti, insieme a quella mostruosa
mascotte sgorbia, a quell’orgia di dadi da brodo,
a quell’incubo per stitici cui il pulsare di un milione di cervelli ha dato
il nome immaginoso di Ciao, e che tutti i nostri politici, in storiche foto,
hanno tenuto in mano come reggessero il sacro Graal. La nostra vergogna
è cominciata subito, quando abbiamo sforato il preventivo di
qualcosa come la metà del fatturato Ibm. Gli operai sono caduti
giù dalle impalcature con la stessa frequenza con cui i nostri
calciatori si schiantavano al suolo al primo contatto fisico. Queste strade
traforate, queste matriciane di svincoli, l’abbuffata di stadi, i villaggi
per soli ariani e la bufala Rai di Grottarossa resteranno come monumento
funebre di questa tragedia dello spreco.
L’ignobile compagine azzurra, purtroppo scampata alla giusta ira dei tifosi
a Coverciano, ha dato triste spettacolo di sé.
Su tutto ha sinistramente brillato la pocaggine di Baggio, giocatore che non
vale una lira dei ventisei miliardi spesi da quel fesso di Agnelli, per non
parlare di quella manica di segaioli che passa ormai tutto il suo tempo ad
indossare giacchettine e a fare il presentatore in tv piuttosto che allenarsi.
Per finire, una parola sugli sponsor. Abbiamo visto una solenne stronzata
di spot Rai, in cui i lavoratori di una piattaforma petrolifera, invece di
pensare a salvare la pelle nella bufera, stavano lì ad aggiustare
l’antenna. Continuiamo pure così, e l’Italia colerà a picco
mentre noi regoliamo la sintonia. Siamo un paese di merda. Vai a lavorare
Luca, torna al giardinaggio, Vicini, andate a zappare, branco di strapagati,
e mi venga un accidenti se da domani non cambio marca di benzina e smetto di
farmi la barba. Grazie Giulio, unica nostra speranza, tu che sei il, solo,
in televisione, a avere più ore del calcio, tu presidente del
Consiglio di una squadra che non meriti».

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