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Siamo nella normalità…

Era una bella giornata di primavera. Il nevischio mummificava le rondini e
raffiche ai duecento orari schiantavano gli alberi.
— Siamo nella normalità — disse l’infallibile
Meteorologo — poiché un tempo simile, anzi peggiore, si ebbe
nel marzo 1626 e non c’è da allarmarsi se per qualche settimanella
dal Polo arriva uno spifferino di aria fredda. In quell’istante attraverso
la finestra aperta un refolo di vento trasportò un tricheco di una
tonnellata, che piombò sulla scrivania del meteorologo uccidendolo.
— Averlo saputo prima… — sospirò il meteorologo,
prima di esalare l’anima sotto forma di cirro-cumulo.
Era una tranquilla domenica calabrese. Le pallottole ronzavano pigre e solo ogni
tanto un colpo di bazooka interrompeva il monotono frinire dei mitra.
— Siamo nella normalità — disse
l’incorruttibile Magistrato — in quanto molti dei presunti
mafiatori erano in realtà pacifici agricoltori, l’uso della
tangente camorristica è un normale meccanismo promozionale, e non
è vero che il danaro mafioso abbia invaso banche, case cinematografiche e
settori immobiliari: come giustamente disse Gava, la mafia va conosciuta, prima
di combatterla. In quell’istante un consorzio di quattro cosche irruppe
nel suo ufficio, lo decapitò e iniziò a giocare a calcio con la sua
testa, e poiché non si mettevano d’accordo su chi doveva stare in
porta, si uccisero tutti vicendevolmente.
— Averlo saputo prima — sentenziò la testa del
magistrato mentre la sua anima faceva ricorso contro i seimila anni di
inferno in prima istanza.
Era un tranquillo pomeriggio nella fosca e turrita Bologna. I benzinai
attendevano i clienti nelle loro trincee e gli armaioli controllavano i
Patriot.
— Siamo nella normalità — disse il Ministro
dell’Interno — questa Falange armata non è certo nata dai
gloriosi patrioti della Gladio o dai nostri ormai trasparentissimi servizi
segreti, la strategia della tensione e le squadracce sono un ricordo del
passato, trattasi di zingarelli che si disputano pochi etti di cocaina. In quel
momento la solita Fiat Uno apparve in fondo alla strada e crivellò il
ministro, la scorta e dodici passanti tanto per gradire.
— Averlo saputo prima — disse il Ministro, mentre la sua
anima, grazie a raccomandazioni, scendeva all’Ade in Business class.
Era una tranquilla giornata di primavera. Il Bangladesh non c’era
più, il colera decimava il Sudamerica e Saddam si riarmava, ma la Borsa
era stabile. L’economia italiana vagava sorridendo nella nebbia tra abissi
e voragini.
— Siamo nella normalità — disse Cirino
Pomirino — abbiamo un deficit tra il milione o il miliardo di
miliardi, ma tasseremo i generi di lusso come le aragoste, lo champagne, le
pensioni e le malattie tropicali. Nel nostro paese non c’è spreco,
né povertà. In quel momento alcuni bruti senza-casa, senza-lavoro,
senza-patria e senza-pensione piombarono su Cirino Pomicino, lo divorarono vivo
e gli succhiarono anche le chele.
— Averlo saputo prima — disse il ministro, mentre la sua
anima volava nel limbo degli Incompetenti.
Era una tranquilla giornata di primavera alla casina Valadier. Ciarrapico portava
cannoli alla crema a Cossiga, Andreotti e Craxi riuniti per un consulto sulla
fibrillazione della democrazia.
— Siamo nella normalità — disse
Andreotti — per le elezioni faremo una scheda nuova. Gli italiani
potranno scegliere se sono (a) un popolo di pecoroni governato da mediocri, (b)
un popolo di mediocri governato da delinquenti, (c) un popolo di delinquenti
governato da delinquenti. Che si chiami Prima o Seconda Repubblica, non
cambierà niente: saremo sempre noi. Sarà solo difficile trovar
posto per la folla crescente di maggiordomi, balilla, conformisti e
nullità riciclate con cui abbiamo imbottito le reti televisive. Ma mentre
i tre sghignazzavano, i terribili collettivi Baoding sbucarono fuori dai cannoli
e li cremarono.
— Averlo saputo prima… — dissero le tre anime mentre
andavano a reincarnarsi in tre cozze.

***

Era una tranquilla giornata di primavera, ed era anche l’ultima puntata di
“Cronache di regime”. L’autore rassicurò gli
estimatori, informò i neutrali e minacciò gli ostili che sarebbe
rimasto tra i collaboratori dell’“Espresso”. Comunque, addio,
pagina 45 (o 47). E pensare che quando avevamo messo nel titolo della rubrica la
parola “regime” qualcuno aveva detto: «esagerati!».
Da oggi, si gioca più duro. Vi ringrazio e vi saluto cordialmente.

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