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Il mio raid Milano-Bari

Lunedì 5 gennaio

Cara moglie, quale prova terribile mi attende!
Io Rainer Tim, l’esploratore estremo che ha attraversato l’Atlantico in zattera
e si è lanciato dal Cervino su un frisbee, tenterò l’impresa più grande.
Cercherò di attraversare l’Italia, da Milano a Bari.
Dio e gli sponsor siano con me!
Ho caricato la Panda di viveri e via, verso l’avventura.

Giovedì 8 gennaio

Sulla tangenziale di Milano ho incontrato i primi problemi.
C’è stato un maxi-tamponamento circolare di ventotto chilometri,
e non si trovava la prima auto che aveva frenato.
Ho visto molti assicuratori piangere.
Appena ripartiti c’era un blocco dei Cobas.
Offrivano latte in continuazione, e se qualcuno rifiutava dicevano
«allora stai dalla parte del ministro!».
Così ne ho dovuti bere ventotto litri, più di un chilo di mascarpone,
e ciò ha prodotto nel mio organismo un intenso traffico in direzione Sud.

Domenica 11 gennaio

L’autoradio dice che a Roma stanno cercando un accordo sui cinquantacinque anni,
ma non ho capito se si riferivano all’età pensionabile degli autonomi o
agli anni di galera da risparmiare a Previti.
Comunque, trattative o no, siamo bloccati a Piacenza.
Ai Cobas del latte, del riso e del kiwi si sono aggiunti gli allevatori di
maiali e i lavoratori ospedalieri.
Offrono da mangiare a tutti e ti assicuro che la flebo di cotechino non è male.
Sta nevicando e i mezzi dell’Anas spargono sale sul tetto delle auto incolonnate.
Impossibile raggiungere un autogrill.
Per fortuna la gente è molto premurosa, e dai cavalcavia lanciano pacchi
con generi di conforto agli automobilisti bloccati.
Sul mio parabrezza ne è arrivato uno contenente una panchina di pietra da
un quintale, molto comoda.
La solidarietà esiste ancora!

Sabato 17 gennaio

Finalmente siamo arrivati alle porte di Bologna.
Purtroppo qui la colonna dei Tir del nord si unisce alla fila del Motor Show che
si salda con la fila dei produttori di olive del Sud e con l’ingorgo all’imbarco
dei traghetti.
La sosta in fila è una buona occasione per conoscere gli altri
automobilisti, e così ho fatto amicizia con la famiglia Rocco, emigrati
ad Amsterdam e tornati in Italia per le festività.
Veramente volevano festeggiare il Natale 1996 e sono arrivati il Natale dopo, ma
sono contenti lo stesso.
Il capofamiglia mi ha detto che per tornare in Olanda preferiscono passare dalla
Grecia perché si fa prima.
Mentre parlavamo, la signora Rocco ha partorito.
Hanno chiamato il figlio Borgo Panigale.
Mi hanno spiegato che danno sempre ai figli il nome del luogo dove nascono, e mi
hanno presentato i piccoli Brennero, Svincolo e Roncobilaccio, e le piccole
Fiorenzuola e Galleria.
Abbiamo festeggiato con pane e neve.
A mezzanotte è giunta la notizia che Ciampi aveva varato una tassa di
stazionamento autostradale e pattuglie di vigili paracadutisti stavano per
piombare sulla fila.
Nel fuggifuggi generale ho rubato una mucca ai Cobas e sono sparito al galoppo
verso la stazione di Bologna.
Raggiungerò Roma in treno.

Martedì 20 gennaio

Fare il biglietto non è stato facile.
Agli sportelli c’era una fila così lunga che uno che doveva andare a
Modena a un certo punto si è voltato e ha detto «beh, io vado a
piedi, tanto son quasi arrivato».
Ho rubato un biglietto a una vecchietta svenuta, e sono balzato su un Eurocity.
In due ore e mezzo, dovevo essere a Roma.
Purtroppo dopo venti minuti è saltata la linea elettrica e siamo rimasti
inchiodati sotto una galleria.
Siamo al freddo e al buio da oltre tre giorni, le porte sono bloccate e ogni
tanto passa una hostess, ci dà un pacchetto di noccioline e ci fa pagare
il supplemento Picnic.
Due manager, disperati perché il loro telefonino non riceve più il
segnale, hanno avuto un attacco isterico e da ore sbattono contro i finestrini
come calabroni.

Giovedì 5 febbraio

Siamo fermi da due settimane e ogni ora una voce implacabile gracchia in quattro
lingue che le ferrovie si scusano del lieve ritardo.
Finalmente nella notte abbiamo sentito uno scossone, e la speranza ha invaso i
nostri cuori.
Purtroppo era il treno dietro che ci aveva tamponato.
È notte, e nel buio risplendono solo i flash dei turisti giapponesi.
Ti penso, e se dovessi morire qui, ricorda sempre due cose:
a) ti ho sempre amato
b) tutto quello che sospettavi su me e Cinzia era vero.
Perdonami.

Sabato 7 febbraio

Liberi!
Il treno è ripartito trionfalmente ai duecentoquaranta verso Firenze.
All’altezza di Prato, ha subito deragliato e siamo finiti dentro la pista
dell’aeroporto, fortunatamente vuota per uno sciopero degli assistenti di volo.
Mi sono appollaiato su un’ala del Firenze-Napoli.
Anche se quassù siamo quindici clandestini, più due cicogne, sento
che ce la farò.
A proposito, su Cinzia scherzavo.

Mercoledì 11 febbraio

Brutte notizie.
Il nostro aereo è stato centrato da un missile durante una battaglia tra
aerei Nato e Mig libici.
Il comandante è riuscito ad atterrare in un grosso spiazzo.
Aspettavamo almeno una navetta dell’aeroporto, ma all’Alitalia ci hanno risposto
che sui radar dell’aeronautica militare non risulta alcun combattimento aereo,
anzi il nostro volo non risulta mai partito.
È arrivato un colonnello dei Servizi segreti, ha preso la Scatola Nera
dell’aereo, l’ha maneggiata un po’ e quando ce l’ha ridata conteneva la
registrazione di un concerto dei Pooh.
C’è nebbia fittissima e non sappiamo nemmeno dove siamo.

Giovedì 12 febbraio

La nebbia si è alzata e ora so dove siamo: nell’area di servizio di
Barberino del Mugello, sulla Bologna-Firenze.
Sono tornato indietro!
Sull’autostrada c’è una fila di 40 chilometri, ma non c’entrano né
i Tir né i Cobas.
È una Fiat Cinquecento che è sbandata sul ghiaccio e si è
messa di traverso in un tratto con lavori in corso.
Siccome sono lavori in corso dal 1892, sono considerati monumento archeologico,
e l’auto può essere spostata solo dalla Sovrintendenza Belle Arti.
Però sul posto è arrivato Scalfaro a dire che l’Italia è
una e indivisibile, e non basterà una Fiat Cinquecento a separare Nord e
Sud.
Ci ha regalato un pacchetto di noccioline ed è ripartito in elicottero.

Giovedì 19 febbraio

La fila si è mossa e ho chiesto un passaggio al camionista di un Tir di polli.
Poiché la sua associazione aderisce solo parzialmente allo sciopero, si
comporta così: per due chilometri procede a passo d’uomo e i due
chilometri dopo si lancia ai 180 seminando il panico.
Viaggiavamo felicemente quando ci siamo nuovamente bloccati.
C’era una manifestazione dell’ALPCA (Associazione lanciatori di pietre dai
cavalcavia autostradali).
Protestano perché, con tutte queste file ferme, non possono più
divertirsi a centrare le auto in corsa.
Ci hanno spiegato che i pomeriggi in provincia sono come la maggior parte dei
film: senza auto sfasciate si muore di noia.

Sabato 21 febbraio

Purtroppo i polli che trasportavamo avevano la peste cinese, ci è venuto
un febbrone a quaranta e alle porte di Roma il camionista ha perso il controllo
del mezzo falciando un gruppo di manifestanti.
Pensavamo che fossero Cobas degli agrumi, perché erano vestiti di giallo e rosso.
Invece erano ultrà della Roma e il nostro camion era tutto pavesato di
stemmi laziali e scritte «Romanisti bastardi».
Ci hanno picchiato, ma non troppo.
Ho preso un taxi verso salerno, il tassametro scorreva più veloce di un
videoclip e più misterioso di una bolletta Telecom.
Ho prosciugato la carta di credito, ma sono arrivato al casello.
Faccio autostop e ascolto la radio.
Buone notizie: solo 60 morti nel weekend sulle strade.
Cattive notizie: è crollata la Borsa di Singapore, e Prodi è
dovuto rientrare da una cena di lavoro con Kohl, così in fretta che aveva
ancora addosso il grembiule.
Ma ce la faremo: l’Italia entrerà in Europa e io a Bari.

Mercoledì 24 febbraio

La fortuna finalmente mi assiste! Ho ritrovato la famiglia Rocco, che mi ha dato
un passaggio dentro la sua spaziosa Prinz color salmone.
Attualmente bloccati da quattro frane e da una piccola alluvione, ma domani
tentiamo la traversata verso Bari.
Se mi dovesse accadere qualcosa ricordati che:
1) ti ho sempre amato, ma non c’è stata solo Cinzia, ma anche Eva, Luisa
e uno sherpa tibetano.
2) quando vedi in televisione una di quelle auto che corrono su strade assolate
e solitarie con lo slogan «la vera libertà», per favore,
spara sullo schermo.

Venerdì 26 febbraio

Affrontiamo l’autostrada deserta sulla Prinz salmonata, i bambini Rocco stanno sul tettuccio
armati di fucile, in una barricata di damigiane d’olio.
Procediamo tra carcasse di container, Tir svaligiati e rovine di viadotti democristiani.
Tutto è abbandonato, e al posto delle colonnine del Sos ci sono degli altarini con la Madonna.
Verso sera la pioggia si attenua, e vediamo uno strano chiarore lontano.
Poi improvvisamente…

(Qua s’interrompe il diario di Rainer Tim.
Questi fogli sono stati trovati sull’asfalto.
Dello sfortunato esploratore, più nessuna traccia).

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