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Al party della grande chiacchiera

ENTRANDO in clima Mundial, tre osservazioni.
Prima: non è vero
che finalmente abbiamo un mese di Mondiali per dimenticare un attimo i
problemi del paese. Siamo un paese perfettamente in grado di dimenticare i
suoi problemi anche gli altri undici mesi.
Seconda: la settimana prima
del Mondiale, è detta la settimana-squillo. Per tutti suonano i
campanelli di allarme. Squadre compattissime scoprono che i loro giocatori
si odiano e si rubano lo shampoo negli spogliatoi, calciatori che sono un
esempio di moralità vengono scoperti a palleggiare con una bambola
gonfiabile, e saltano fuori acciacchi, ginocchia rottamate, virus scorretti
e anche casi di gotta e balbuzie. Che i giocatori possano essere un po’
viziati, rissosi, e logori dopo cento partite di fila è abbastanza
naturale, ma sotto i Mondiali questo diventa stupefacente.

PERCIÒ ecco i primi minacciosi squilli: gli azzurri sono a
pezzi. E le prime sorprese: il Polo passa a Parma. In casa Diesse (non la
Domenica sportiva, ma i Democratici di sinistra) qualcuno dice che gli
sembra di aver sentito suonare un piccolo campanello di allarme. Bene,
ragazzi, l’esame per l’Europa l’avete superato, adesso bisognerà fare
l’esame dell’udito.
Terza: siamo sicuri che questi saranno i
Mondiali del Duemila e della modernità? L’inno di Mameli, che era
considerato vecchio e retorico, è stato grandemente rivalutato prima
dal peana Forzitaliota, e poi dall’inno mondial-promozional-pronominale di
Claudio Baglioni. C’è una continuità ideale nei riti italici,
tra enfasi patriottarda e autobeatificazione catodica, tra Numi tutelari e
Sponsor ufficiali. Per convincerci che siamo davvero nel Mondiale del
futuro, continuano a bombardarci di cifre stratosferiche. Che i calciatori
avranno almeno dieci giornalisti a testa (Zamorano, a cui toccava Biscardi,
ha subito finto un infortunio e ha chiesto ai LLoyd di assicurargli la
sintassi). Che la nazionale italiana alloggia in un castello da un miliardo,
con fantasmi disegnati da Missoni, e mangerà sei forme di parmigiano,
speriamo non tutte la stessa sera. Che un abitante della terra su due
guarderà i Mondiali e la polizia sta ricercando l’altro. Ma
intossicarsi di quantità è naturale, nell’immaginario
siliconato di un paese dove la bontà della musica si misura dalla
metratura del palco, l’importanza di un film da quanto sono costati gli
effetti speciali, la serietà della beneficenza dal numero dei vip
presenti. E dove la coscienza civile del governo è l’indice Mibtel e
quella dell’opposizione è il patrimonio del suo capo. I Mondiali sono
un fatto economico e l’economia è sangue, sudore e imponibile, come
dice sempre Prodi quando va a messa a chieder perdono dei suoi disoccupati.
Perciò ci daranno gioia e gol, ma anche insidie e insanie. Eccone
alcune.

SINDROME MONDANA – Per costoro il Mondiale è
soprattutto una grande occasione di chiacchiera: il primo passo è
l’acquisto di un televisore grande come un materasso matrimoniale, il
secondo è diramare gli inviti per un “mondial party”, nel
quale si finirà col parlare di tutto meno che delle partite: si
discuterà dei fidanzamenti tra i calciatori e le dive, di Ronaldo e
Ronaldinha, e se dietro la cerimonia inaugurale di Parigi c’era Spielberg,
o la Lego. Le donne adottano il look alla Maldini senior, basta farsi la
riga in mezzo e intingere i capelli nella Nutella. Gli uomini si fanno le
treccine alla Gullit o, se sono calvi, si disegnano una schedina in testa.
Particolarmente seguite le partite tra comici e politici, cantanti e
francescani, magistrati e serial-killer, con la benevola astensione dei
geometri e di tutte le associazioni di volontariato che lavorano anche senza
la diretta tv. Altri argomenti del mondial party: qual è la maglia
più bella, il verde giungla del Camerun o il bianco classico inglese,
qual è il giocatore che flirta con una Spice Girl, chi guadagna di
più tra Romario e Romiti. A tarda sera qualcuno dice: e se
guardassimo la partita? Ma viene zittito per quell’inutile
volgarità.

SINDROME OSSESSIVA – L’esempio è colui che, dopo aver assistito a
cinquantasei ore consecutive di partite e commenti, vede passare per un
decimo di secondo un familiare davanti allo schermo ed erompe nella frase:
«Allora vi siete proprio messi d’ accordo per non farmeli vedere,
questi Mondiali!».

SINDROME DELLA VEDOVA – Colpisce chiunque, non interessandosi di calcio,
viene emarginato dal consesso civile per tutta la durata del torneo. Alcuni
accettano il loro destino e si rifugiano in un paesino incontaminato
dell’Appennino con una pila di libri, per scoprire con orrore che gli
abitanti del paese hanno installato in piazza uno schermo gigante e che
tutti i bambini locali sono vestiti con la maglia del Brasile.
C’è invece chi cerca all’ultimo momento di mascherarsi da
intenditore. Sfoglia febbrilmente giornali e album di figurine, e poi
chiede all’amico: «Che ne dici se stasera vengo a casa tua a vedere
Italia-Cile, sai io sono tifoso dei rossoneri juventini perché ci
gioca Ronaldo ma nell’Italia mi piacciono molto Pagliuzza, Roby Fangio e
Zolla, quello che gioca con i Celti».
Ultima chance, la seduzione,
nel disperato tentativo di sottrarre il partner all’abbraccio mortale dello
schermo. Le mogli si presentano in camera da letto vestite solo di tre
figurine di calciatori Panini, ma il marito risponde laconico: «Ce le
ho già». I mariti si ingozzano di Viagra ma scoprono che la
moglie ha un blocco sessuale perché non gioca Del Piero. Tutto
finisce col classico urlo «Adesso basta, me ne vado di casa».
La moglie scappa con l’unico tifoso di bocce del condominio, il marito
scambia il Viagra col Viacard e tromba tutti i casellanti dell’autostrada.

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