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Addio Luisona, arriva l’happy hour

Mi chiedono se dopo trent’anni il bar Sport esiste ancora. Quel vecchio
ritrovo che non era solo luogo di consumo, ma teatro di racconti e
ironia. Credo che i bar sport della mia giovinezza siano una razza in
estinzione, come le balene e le macchine da scrivere. Ne sopravvivono
alcuni nelle periferie delle città e soprattutto nei piccoli paesi. I
sociobarologi sanno dove trovarli, ma conservano gelosamente il
segreto. Comunque sia, il microcosmo del bar è cambiato, e ne faccio
qualche esempio.



Il nome

Una volta sull’insegna del bar c’era scritto Bar, e basta. Al massimo
si poteva aggiungere il nome del proprietario, Bar Gino, o dello
sponsor, Bar Moka, o della fede calcistica, Bar Rossoblu, o un appunto
logistico, Bar Mercato. Una preposizione come “da” o “al” era già uno
spreco di neon, e un’inquietante segno di mollezza grammaticale: Bar da
Gino, Bar al Porto, Bar dello Sport. Adesso, per essere preso in
considerazione, un bar deve avere un’insegna che contenga definizioni
plurime e poliglotte. Ossia: Caffèteria panineria wine-bar enoteca
degustazione snacks internet point. Oppure: Lounge bar pasticceria pub
croissants bistrot long drinks happy hour. Potete dire: mio marito va
tutte le sere al lounge torna a casa pieno di drinks, mi vomita gli
snacks sulla moquette, si addormenta no-sex e io trombo col boy del
pizza express.



Paste

Chiunque può notare l’anemia saccarifera che ha dimezzato e
miniaturizzato il peso di paste e brioche. Paste come la Luisona non
esistono quasi più, o vengono vendute come panettoni. Una volta, per
portare a casa dodici paste, serviva un ben sagomato vassoio di cartone
da esibire penzolante al mignolo. Adesso dodici bignè stanno sopra un
biglietto da visita.

Diversa anche la gamma dei caffè.
Da alto, basso e corretto, siamo passati a centododici tipi diversi con
nomi come Orzino, Mokaccino, Cremino, Estivo, Americano, Noisette.
Anche nei gelati, siamo passati dai dieci gusti ai centocinquanta. Che
sono poi i dieci gusti di una volta ognuno con quindici coloranti
diversi.



Rumori

Il rumore del bar Sport era una inconfondibile risacca umana, un
sobbollire di stomaci e trippe, un tinnire di bicchieri e biliardi. Vi
si distinguevano rutti possenti, scatarrate introflesse ed estroflesse
e bestemmie non ancora moviolate dalla televisione. C’era lo sbattere
ritmato delle carte da gioco sul tavolo, il tinnire dei flipper, il
rullare del calcetto, il cozzare delle palle da biliardo, il sibilo
della macchina espresso che fumava come una locomotiva del west. Ora
tutto il rumore viene da un grande schermo televisivo al centro, che
spara videoclip e telegiornali a tutto volume. Quasi nessuno guarda o
ascolta, ma ci si sente a casa.



Bancone

Molti vecchi banconi di legno sono stati sostituiti da monoliti e
moloch di alabastro, vetroresina e tantalio. Da banconi, sono diventati
barricate. Ma è cambiato soprattutto quello che c’è sopra. Nel vecchio
bar Sport c’erano a malapena la zuccheriera e le schedine. Ora sul
bancone si affollano cinquanta tipi di zucchero, compreso lo zucchero
amaricante e lo zucchero per mancini e un intero buffet di stuzzichini,
dal tarallo all’oliva, dall’uovo di edredone alla mini-frittata. Con un
aperitivo, si può fare un pasto completo. Ma il barista non ci rimette
mai. Infatti l’aperitivo costa come tre pasti completi.



Vino e liquori

Una volta il vino era bianco o rosso o tutt’al più novello. Ora un
cartello annuncia a tutti che è arrivato il Beaujolais nouveau, o che
c’è un’ampia scelta di vini sudafricani. Ma soprattutto c’è l’happy
hour, che vuole dire che in quell’ora si beve a prezzo ridotto. Ma non
è una novità: una volta c’era la John sleepy hour. Quando il barista
Giovanni si addormentava ubriaco, e tutti ne approfittavano per vuotare
le bottiglie degli amari.



Calcio e conversazione

Un grande richiamo del bar Sport era il tabellone del totocalcio, su
cui il barista-mosaicista intarsiava le letterine di plastica coi
risultati del campionato. Sotto questa lapide del destino si sostava in
febbrile consultazione, controllando le schedine. Dato che le letterine
di plastica si staccavano e si perdevano facilmente, i risultati erano
in una lingua criptica e monca. Ad esempio: Jueus – Itr 1-0, oppure
Mln. – Fiorna 1-b. Bisognava decifrare o chiedere spiegazioni. Adesso
tutti entrano al bar conoscendo risultati e classifiche, e spesso hanno
già i gol registrati nel telefonino. È aumentata (in quantità ma non in
qualità) anche la competenza. A un esperto degli anni 60 bastava sapere
a memoria le formazioni di serie A. Nel duemila un tecnico di media
competenza deve conoscere nome e misure delle fidanzate dei calciatori
famosi, e le formazioni di Mali, Corea del Sud ed Estonia. Ora come
allora, non sa dov’è il Mali né la Corea né l’Estonia. Ultimo
particolare, nella conversazione del bar, l’esempio della televisione
ha abolito due frasi “non me ne intendo” e “forse ho sbagliato”.



Toilette

Nel vecchio bar Sport c’erano spesso i bagni esterni per raggiungere i
quali dovevi uscire ad affrontare intemperie, labirinti e lunghi
viaggi. Ma soprattutto c’era il bagno con la terribile turca magnetica.
Una trappola viscida e subdola che, per quanta attenzione tu facessi,
possedeva un malefico potere di attrazione gravitazionale, che ti
faceva scivolare e finire col culo incastrato. Ora, anche in bar
modesti, ci sono grandi toilettes con water igienizzati, maniglie
antiscivolo, sistemi di allarme e rotoli di carta igienica grandi come
rotative, Ma sopra questo bagno c’è sempre il cartello “Bagno fuori
servizio. Si prega di usare il bagno di fronte”. E nel bagno di fronte
ci aspetta la subdola turca magnetica.



Fuori e dentro

Una volta fuori dal bar si stava seduti al tavolo e se pioveva,
appoggiati al muro con l’ombrello. Adesso ci sono i gazebi, enormi
serre di vetro dentro le quali in estate si fa la sauna e in inverno ci
si arrostisce al calore rovente di stufe-fungo. Dai vetri del gazebo
si possono vedere a pochi centimetri, i volti terrei degli
automobilisti bloccati nell’ingorgo. A volte un Tir entra col muso, per
chiedere informazioni. Ma ci sarà sempre qualcuno che dirà: dai, non
andiamo dentro al bar, stiamo fuori che respiriamo, e vi rinchiuderà
nella prigione di cristallo.



Animali

Gli animali del bar Sport erano molti e accettati. Lo scarafaggio dello
zucchero, la mosca della birra, che sapeva nuotare anche a dorso, il
topo del magazzino e Polpetta, il gatto mimetico, dello stesso colore
della sedia, su cui tutti si sedevano schiacciandolo, e naturalmente il
cane Poldo che dormiva dietro il bancone. Ora fuori dal bar ci sono
cartelli come “Io non posso entrare”, “locale igienizzato” e “locale
derattizzato”. Ma la fauna non è scomparsa. Nello zucchero dietetico ci
sono degli scarafaggi magrissimi, le mosche entrano dal condizionatore,
e le signore entrano portando infilati nella pelliccia e sommersi nelle
tette, dei cagnolini tremanti con gli occhi terrorizzati. Fuori, altri
cani in triste attesa, legati a segnali stradali, piangono per ore. Il
topo spia dal cassonetto, e sa che tornerà il suo momento.



Prezzi

Nel vecchio bar Sport se qualcuno chiedeva un bicchiere di acqua di
rubinetto, il barista gli chiedeva: mi faccia vedere la pastiglia da
ingoiare. Nel senso che in quel bar si serviva solo vino, a meno che
non ci fossero gravi ragioni mediche. Anche il sangue al naso dei
ragazzini veniva pulito col sangiovese. Ora l’acqua di rubinetto è
stata sostituita dall’acqua minerale. E l’acqua minerale è il solo
prodotto che nel nostro paese è rincarato più del petrolio. Cosa
sarebbe accaduto se trent’anni fa, in un bar, qualcuno avesse chiesto
un bicchiere d’acqua e gli avessero detto, sono tremila lire, signore?



Storie

Non ho nostalgia del bar Sport, ma delle storie che ci sentivo.
Inventate, raccontate, esagerate, e soprattutto create personalmente.
Cominciavano così: “Sentite amici cosa mi è successo ieri”. Adesso
entro in un bar e sento: “Sentite amici cos’è successo ieri a
Briatore”.

Sarà anche una bella storia, ma io esco.

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