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Un gioco tira l’altro

In tv non basta più un concorrente alla volta. Bisogna fare giocare le città. E le città si divertono, anche se la loro storia e le loro tradizioni popolari vengono messe da parte per far posto a tanta plastica, tanta goliardia e retorica del «volemose bene».

Nella generale allegria, la tv non inquadra quelli che rimangono in casa, o non si divertono affatto, come quel gruppo di ragazzi di Battipaglia che ci scrive che la loro cittadina avrebbe bisogno di ben altre cose che una puntata di gioco televisivo. Ma la formula, da Campanile sera in poi, funziona sempre.

Possiamo già anticiparvi il nuovo supergioco dell’estate 1980, che si chiamerà Luci d’Italia senza frontiere. Di fronte, come sempre, due città. All’inizio tutti gli abitanti, rastrellati casa per casa e vestiti a forza da funghi porcini, si radunano in piazza. Al via del presentatore, gli abitanti-funghi devono correre tutti insieme alla chiesa (o cattedrale) del paese, caricarsela in spalla e trasportarla in aperta campagna dove il parroco, travestito da coniglio con orecchione di pezza dovrà, mediante salto con l’asta, entrare da un buco nel tetto e celebrare messa su un trapezio, davanti a nove vecchine che devono dire il rosario in piedi su una motocicletta.

Il secondo gioco è una partita di ping-pong in cui la pallina è il sindaco avversario cloroformizzato. Il terzo gioco vedrà di fronte gli operai di due fabbriche: vestiti da maialini, dovranno costruire a tutta velocità una villetta prefabbricata modello Friuli, mentre la squadra avversaria, vestita da lupo cattivo, soffia per farla cadere.

Nel quarto gioco, con una grande fionda e tre massi, bisogna sfondare la diga della squadra olandese e provocare un’alluvione. Il quinto gioco consiste nel vuotare in tre minuti, con la propria polizia, una piazza da una finta manifestazione avversaria.

L’ultimo gioco si svolge in un finto locale, dove alcuni finti partecipanti della squadra svizzera o tedesca devono cacciar fuori per finta il maggior numero possibile di finti emigrati italiani. Tempo un minuto e mezzo. Poi festa finale, fuochi d’artificio, abbracci, panforte, birra, prestiti Cee e sigla di Mina.

La città vincitrice dell’edizione europea andrà in Argentina, dove giganteschi cargo trasporteranno sei intere città finaliste compresi i monumenti, gli abitanti, cani, gatti e ristoranti tipici. Sarà il girone mondiale di Luci del mondo senza frontiere, seicento ore di trasmissione e giochi con lancio di veri missili. La città vincitrice verrà proclamata «Super-città tv», e verrà trasformata in una Disneyland permanente del gioco televisivo, sormontata da un Mike Bongiorno in bronzo alto centoventi metri con radiofaro.

Naturalmente, in questo gioco, tutti sono coinvolti. Centro, periferia, paesi limitrofi e telespettatori, che possono, come sapete, parteggiare per una delle città spegnendo la luce di casa propria. Ciò risolverà il problema della bolletta, perché molti non riaccenderanno più e andranno direttamente a dormire. Ma sono previsti anche altri modi di votare. Per esempio, gli spettatori possono accendere tutti insieme il gas e suicidarsi in massa. Oppure si può seguire il sistema americano.

In America, per controllare l’indice di ascolto, si controlla il flusso delle fogne. Se una trasmissione è molto seguita e interessante, infatti, nessuno abbandona il video, resiste fino alla fine. Se la trasmissione delude, il flusso è normale, o sopra la media. In Italia è già stato fatto qualche studio del genere, per cui si è notato, per esempio, che durante i programmi dell’accesso c’è un diffuso nervosismo tra i topi fognaroli, e molti di essi indossano un salvagente per timore di alte maree.

Sono ormai accertate le qualità di colagogo di Paolo Cavallina, mentre Heidi ha ormai sostituito il Rim nelle preferenze dei piccoli italiani. Quindi, un’ottima via di partecipazione potrebbe essere questa. Se siete contenti della trasmissione, spegnete la luce. Se non siete contenti, recatevi in bagno e partecipate il vostro parere alla tv, mediante un grande tubo collettore che scaricherà tutte le, chiamiamole così, critiche e suggerimenti, direttamente nell’auditorium centrale, dove saranno obbligati a restare presentatori, cantanti, registi e ideatori.

Sarà un’ondata d’affetto, grande come forse neanche il più fasullo «indice d’ascolto» poteva prevedere.

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