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Tocca a noi

C’era una fogna da scoperchiare, anni di stragi, misteri,
connivenze e logge neanche troppo segrete. La sinistra al governo
ha rinunciato a guardarci dentro, forse i sondaggi sconsigliavano
di sondare. E la destra ipocrita di Fini e Berlusconi non ha mai
avuto il coraggio di fare i conti con la sua storia insanguinata,
come ha fatto, stentatamente e dolorosamente, una parte della
sinistra non istituzionale.
Questo è il risultato. La fogna è ancora lì, con i suoi grandi
impuniti e i suoi piccoli soldati. Ma se è vero che vogliamo
essere diversi dalla destra, non dobbiamo rassegnarci alla
responsabilità. La democrazia, in Italia, va difesa giorno per
giorno, non è genetica, è sulle spalle di chi la desidera. Tocca
a noi, oggi più di ieri.
Conosciamo i proclami di pulizia etnica di Previti, quando
l’Italia avrà votato il suo epocale e irrevocabile destino.
Possiamo impedirglielo, pur non possedendo la geometrica potenza
della sua ideologia e dei suoi miliardi. Possiamo impedirglielo
senza reclutamenti e bombe. Tra la politica da salotto televisivo
e il terrorismo c’è qualcosa che qualcuno continua a praticare, e
molti altri potrebbero ancora scegliere: è la lotta serena e
feroce delle idee e delle differenze, delle rinunce e delle
sfide.
Non mi interessa parlare di fascisti e di nemici, mi interessa
parlare di compagni e amici che in questi anni ho avuto al mio
fianco, a tratti gioiosamente, altre volte litigiosamente, ma
sempre con stima e fratellanza.
La destra non vuole la democrazia civile, tutt’al più una
vivibilità aziendale del paese. E la sinistra istituzionale è
pronta a sacrificare alla governabilità, all’economia, al potere
mediatico, fette sempre più grandi di democrazia. Questi eventi
possono terrorizzare, incattivire, stupire, trovare impreparati
molti. Ma non noi. Noi possiamo provare disgusto, paura, pietà ma
non possiamo indietreggiare, né paralizzarci, né semplificarci in
risposte simmetriche e irose.
Questi eventi devono dare più responsabilità, e più necessità
alle nostre idee, più desiderio di una democrazia non
insanguinata, più volontà di scoperchiare la fogna. Guai a
dividerci, guai a cercare frettolosi recinti di sopravvivenza
partitica e ideologica. Una volta scrissi che la democrazia era
qualcosa che i centri sociali capivano e desideravano molto più
di Berlusconi. Lo confermo. Figuriamo il manifesto, che
discuteva di dissenso e democrazia all’Est quando ancora il Papa
scriveva commedie. Tocca a noi, amici, compagni ed esuberi, a noi
più che a tutti gli altri, in modo totale e non rinviabile. I
lamenti, le delusioni, le verdette, le rivalse, lasciamole al
mondo della piccola politica e del videocentrismo indifferente.
Possiamo ancora vivere in un paese democratico, ma questo non
verrà deciso il giorno del voto. Il sogno della sinistra che
cambiava il mondo forse non esiste più. Ma la quotidiana fatica
di battersi per le idee e le differenze della sinistra, esiste
ancora. Questo è l’unico disinnesco di tutte le bombe. E chissà
che non lo capisca anche chi, al governo, avrebbe dovuto capire,
battersi e agire da un pezzo. Un po’ di verità, vale l’un per
cento di meno nei sondaggi?

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