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Voto. Malgrado tutto

Cara Rossana, rispondo al tuo invito.
Andrò a votare perché credo che gran parte del popolo di sinistra
sia immensamente migliore di chi lo rappresenta. Nei confronti di
queste persone, con cui ho lavorato e lottato in questi anni,
sento fratellanza e responsabilità e condivido le loro
preoccupazioni.
Votando, non sento di separarmi da coloro che non voteranno, ma
lottano e “votano” ogni giorno e in questa occasione la pensano
diversamente da me. Credo che li troverò spesso, in futuro, al
mio fianco. Mi sento profondamente separato, invece, da chi vota,
firma appelli e scopre la responsabilità politica soltanto in
occasione delle elezioni, e da chi non vota e continua a
lamentarsi senza muovere un dito.
Andrò a votare perché ho un’ultima, residua speranza, e perciò
preziosa. Che guardando dentro l’abisso su cui l’Italia è
allegramente sospesa, la sinistruzia, ovvero sinistra
istituzionale ricominci ad ascoltare la voce della sua parte
migliore. Che capisca di aver dilapidato un tesoro di
intelligenza e coraggio, inchinandosi ai patteggiamenti, alle
bicamerali, ai salvataggi di corrotti, alla guerre fintamente
pulite, alla cultura videocentrica, alle lotte di potere.
Andrò a votare perché non è in gioco il destino dell’Italia, ma
di tutta la terra, aggredita da un potere nuovo, da un new
capitalismo da cavernicoli, da un’avidità economica senza più
freni e controlli, di cui Berlusconi è il fedele, ma non unico
rappresentante. Anche se è difficile crederlo, al mondo ci sono
affaristi e logge peggiori di questo piccolo paranoico.
Se avverrà il miracolo, cioè la vittoria dell’Ulivo, facciamo un
giuramento, lasciando da parte, per favore, i figli. Giuriamo sui
debiti del manifesto che ci opporremo ancor più
fortemente al tradimento, già avvenuto una volta, di questo voto.
Che non si sogni l’Ulivo di chiamare a raccolta il popolo della
sinistra e poi relegarlo a comparsa per ascoltare i diktat Nato e
Nasdaq e Audience. Una volta basta, e una nuova furberia
significherebbe totale complicità e corruzione.
Se vincerà la destra, ebbene sarò triste, arrabbiato ma non
depresso. Il governo della sinistruzia a me, a te, a tanti non ha
dato privilegi e cariche, ma scontri e magoni. L’opposizione non
è, come qualche dissennato ulivista ha già sussurrato, un ripiego
e un degrado della vera politica. Ne è una delle necessarie forze
vitali, è una delle sue anime, un’anima a cui la sinistra ha dato
grandi esempi e grandi sacrifici.
Meglio vincere. Ma se si perde, la democrazia non diventa di
Berlusconi, non si aggiunge alle sue numerose proprietà, palesi o
mascherate, anzi, incappucciate. La democrazia resta di tutti.
Chi vorrà avvelenarla avrà una risposta decisa, chi vorrà
cancellarla avrà la risposta che la storia ha spesso riservato ai
tiranni. Su questo punto non mi è chiaro cosa pensa Rutelli ma mi
è chiaro cosa pensa Gianni Usai.
Quindi niente valigie per l’esilio, e mi scuso se questa volta
non sono stato abbastanza spiritoso, ma sono spiritoso tutti i
giorni, e di questi tempi, qualche volta mi pesa. Vorrei andare a
queste elezioni in un clima diverso, con partiti diversi e
speranze diverse.
Ma questa speranza che mi rimane, lo ripeto, è preziosa e non ci
rinuncio. Perciò voto e invito calorosamente a votare. Resterò
amico dei compagni che non votano, che non ho convinto e che non
mi hanno convinto. E voto.
Con grande affetto, stima e fertile rabbia, tutte cose, te lo
prometto, che non cambieranno il quattordici maggio.

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