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Signori, si applaude!

Un desiderio della Tv riformata è stabilire un nuovo rapporto col cosiddetto «spettatore in studio», cioè quel fortunato che vede lo spettacolo dal vero. In tutti i programmi, è in atto un grande coinvolgimento del pubblico in studio, «costretto» a partecipare allo show in un clima di grande familiarità. Si stringono mani, ci si presenta, gli ospiti si siedono democraticamente tra i comuni mortali, si scherza col presentatore, una cosa così, alla buona, casalinga. Si sta già pensando di mettere Corrado in pigiama, le annunciatrici in bigodini e trasmettere nelle case odore di soffritto. In realtà la partecipazione è la solita, cioè fasulla. Lo spettatore in studio viene usato per lo spettacolo, e partecipa né più né meno di un fondale o di una giraffa. Comunque, se è fortunato, può «partecipare» in uno di questi modi:

1) può essere ipnotizzato, o prestarsi a qualche esperimento di magia, farsi indovinare una carta, farsi sfilare la cravatta e le bretelle, o tornare a casa euforico dicendo «Maria! Oggi al Teatro 3 m’hanno segato in due!»;

2) può avere l’onore di alzarsi in piedi a comando e cantare in coro «ua-ba-ba-ba» o «no, no, no, sì, sì, sì» e «viva donna Rosa», ed esprimere altri concetti metafisici mentre Pippo Baudo suona il piano con un dito solo;

3) può ricevere, in ricorrenze speciali, un omaggio quale una rosa, una mimosa, un pupazzo, o anche una crescentina o un castagnaccio di modo che Corrado possa dire la battuta «Ammazza, quanto magnano questi!»;

4) può ridere quando il comico passa tra le file. Non ride però quando il comico dice la battuta, ma quando la telecamera inquadra da quelle parti, anche se in quel momento il comico sta parlando di un collega investito da un autobus;

5) Se è una signora grassa, incontra il comico che le dice «noi ce ne intendiamo di bucatini, eh?». Se è una signorina giovane, incontra Nicola Di Bari che la punta gorgheggiando Non sei una bambina o Mino Reitano che le si piazza davanti cantando Al fiume ti porterò. In questi casi è proibito alla spettatrice smentire il suo interesse per la cosa, o manifestare disgusto.
Quando la Tv sarà vieppiù liberalizzata, i cantanti potranno possedere in studio, durante la canzone, le spettatrici di loro gusto, e a esse non sarà consentita alcuna reazione che non guardare sorridendo verso la telecamera. In Tv non si può dire di no;

6) Attenzione. Se lo spettatore è molto disinvolto, parla romanesco o milanese, è un attore. Cioè uno spettatore falso messo lì perché così lo spettacolo è più vero. Non parliamo solo dei «clacquers», quelli che a ogni battuta agghiacciante sparano risate che, in ogni altro ambiente, farebbero richiedere immediatamente l’intervento di un’autoambulanza. Parliamo dei falsi «personaggi caratteristici» che appaiono in varie trasmissioni, come Buonasera con Nanni Loy);

7) arriviamo infine al sogno di ogni telespettatore. Diventare concorrente o giuria. Nel primo caso, egli cessa di essere una persona normale, piomba di colpo al di là dello specchio magico dello schermo e il suo mondo sensibile sembra esaurirsi nelle materie del tabellone. Se lo spettatore diventa giuria, ha due possibilità. La prima è scomparire in un bosco di palette e salvarsi nell’anonimato (non si può dare quattro a Little Tony e poi sperare di passarla liscia). Oppure, può presentarsi in gruppo. I gruppi più richiesti per le giurie sono: le squadre di basket femminile, i facchini delle stazioni, i cori di montagna, i tassinari romani, i bambini dell’Antoniano e le squadre di pallanuoto a mollo nell’acqua.

Questo è l’immutabile pubblico da studio televisivo. Invano abbiamo atteso da lui, in tanti anni, un piccolo segno di ribellione. Non dico un fischio o un pomodoro, ma almeno un dignitoso silenzio a una barzelletta preistorica, uno sgambetto a Don Lurio lanciato a rete tra le file, un invito a Reitano ad andare al fiume da solo. Macché. Neanche li abbiamo sorpresi, una volta, col dito nel naso. E ci dispiace. Perché forse questo pubblico di marziani, che la Tv fa applaudire, e ridere, e alzarsi e risedere a comando, assomiglia tanto a tutti noi.

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