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Con i piedi staccati da terra

La Tv riformata ci vuole più spericolati.
Da mesi ormai siamo sottoposti a un bombardamento di servizi sui modi
«spettacolari» di impiegare il tempo libero.
Cominciano tutti con le parole: «Un nuovo sport sta facendo impazzire
l’America (l’Australia, Londra, Pavia)». Poi una musica rock martellante,
e inizia l’inno alla mobilità.

C’è il volo a vela con l’aquilone e gli sci dalla montagna,
oppure con i pedali dalla collina, o trainati dal motoscafo sul mare.
Il paracadutista che si lancia in caduta libera, i parà
che si lanciano insieme tenendosi per le bretelle, l’uomo che si tuffa
in mare da duecento metri.

E poi la velocità: dragster che fanno i trecento sul Lago Salato,
macchine che slittano sul lago ghiacciato, stockcars che sfondano i muri,
che corrono sulle piste di sabbia, che s’abbottano, che fanno il fuori pista,
motociclette che vanno nel fango, nella neve, nella maionese, motociclisti
che ruzzolano giù dalle montagne e altri che salgono e si incrociano
con lo sciatore che vien giù bendato dal canalone ghiacciato,
scontrandosi con l’uomo bomba che si lancia dai picchi col traliccio
di carta di riso e che evita per un pelo il temerario con l’aereo del 1912
e quello con l’aliante di compensato.

Poi si arriva a terra. Ma il suolo televisivo nasconde altre insidie.
Ci sono i virtuosi dello skate-board che fanno lo slalom tra quelli di ski-roll,
che si mescolano ai pattinatori a vela, ai surfisti, agli sciatori volanti
di bot-dog e a uno schettinatore giapponese che fa il giro del mondo.
E tutto intorno dune-buggy, rodei con tori, calcio americano, frecce tricolori
e altre follie semoventi.

Su tutto, un gigantesco ottovolante sul quale gli americani si divertono
a vomitarsi democraticamente in testa, e sul quale, se sei fortunato,
per soli due dollari vinci un arresto cardiaco. Un campionario di curve,
planate, sbandate, e decolli, che stordisce il telespettatore,
cercando di convincerlo che la vita non ha senso senza due ali di dieci metri.

Purtroppo ai cancelli delle fabbriche italiane si accalcano ancora ignobilmente
le biciclette. I pendolari rifiutano dune-buggy e aquiloni a pedali per stiparsi
in treni scomodissimi. L’ostinazione con cui i pescatori siciliani insistono
nel non voler imparare il surf è la prova che non saremo mai una
grande nazione come gli Stati Uniti.

Il nostro paese non reagisce agli stimoli. Di tanto in tanto qualcuno si chiede
«Sarò senza lavoro perché non so andare in moto all’indietro
sul ghiaccio?». Ma subito respinge il giusto dubbio e ritorna al grigiore quotidiano.
Questi programmi, dicono, devono essere così perché tutto e spettacolo,
in tutte le sue diverse forme. Il fatto è che, come spesso succede in Tv,
si era cominciato con gli aquiloni, il nudo ed Eduardo De Filippo, e adesso siamo
già agli aquiloni, al nudo e Adriano Celentano.

E dire che, se è vero che tutto quanto fa spettacolo, di artisti interessanti
e di argomenti «veri» ce ne sarebbero. Una bella carrellata sui superyachts
italiani, una visita alle ville nostrane ed estere dei Monti e degli Agnelli, le feste
tipo Ambrosio, un bel ricevimento d’ambasciata, o un viaggio nei saloni del Vaticano.
Certo, si vedrebbero cose fuori dal comune.

E se poi ci piacciono le imprese sportive, il caso Kappler, con quel vecchietto che
si lancia dai balconi, scala le pareti e si tuffa nelle valigie, vale bene un numero
di Odeon (è o non è un programma di evasione?).
E se il coraggio fa spettacolo, perché «quei temerari sulle macchine
volanti» e non «quei temerari sulle impalcature pericolanti»
o «quei temerari nelle fabbriche fetenti»?

Ma lo spettacolo è, evidentemente, cosa diversa. Continueremo a vedere spiagge
californiane, cantanti e virtuosi della frattura. Saranno contenti i fabbricanti di
arnesi con ruote e i discografici, un po’ meno chi si aspettava dalla riforma
qualcosa di diverso da questa ideologia da Club Méditerranée.

Divertimento, sì, ma perché per forza con i piedi staccati da terra?
Perché il risveglio, quando la realtà ci costringe ad atterrare bruscamente,
sia più drammatico? C’è sempre chi spera, forse, in una bella migrazione
di disoccupati, tutti felici col loro aquiloncino colorato, come un branco di piccioni,
verso una di quelle belle spiagge dove si corre al rallentatore. Macché.
Sono sempre lì, non si muovono. Perché non si divertono?

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