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Ricette per un anno

Semipresidenzialismo alla francese



Fate una frittata di cinquanta milioni di uova. Metteteci dentro: un grand
commis, cinque logge massoniche, tutti i presidenti del consiglio del
dopoguerra, una ventina di dirigenti Fiat, Gramsci, Costanzo, Priebke
e Anna Frank, una microspia, qualche foglio di dossier segreto, una
spruzzata di Sondage, il profumo che deodora le idee, una videocassetta
omaggio, Valeria Marini e un’intervista a Fini che va sempre bene.
Aggiungete dodicimila ore di dibattiti televisivi finemente tritati fino
a che il loro contenuto proteico non sarà ridotto alle dimensioni
di una noce moscata, chiudete la frittata e l’inchesta di Mani Pulite e
mettete tutto in una teglia, avendo cura (all’ultimo momento, quando
nessuno vi vede) di infilarci anche Craxi. Mettete la teglia su uno yacht
di media grandezza al largo del mare Jonio, e tirate una semibomba
seminucleare con semieffetti semidevastanti.

Lasciate la teglia a rosolare al calore radioattivo finché la lira
non avrà raggiunto i 1.025 gradi rispetto al marco. Quando l’omelette
avrà preso un bel colore dorato e indistinto, servitela omaggio,
ben calda, a ogni italiano che acquisterà allo stand di Canale
Cinque del festival dell’Unità un’automobile Fiat-An con
bazooka-optional anti-extracomunitari.




Semipresidenzialismo all’amatriciana



Prendete quattro comunisti pentiti, dodici democristiani restaurati,
sei nazi-chic riciclati, un cespuglio di basilico, sei chili di trippa,
qualche quintale di telegiornalisti e presentatori e vip assortiti e
metteteli tutti al tavolo di un locale notturno romano insieme a Valeria
Marini che balla su un tavolo rinforzato, Fini che si intervista da solo,
D’Alema che parla soltanto col condizionatore d’aria e De Michelis
travestito da sigaraia.

Dategli da bere e da mangiare e fateli cantare «Fatece largo che
passamo noi» finché le voci non formino un mugolio indistinto.
A questo punto portate in tavola le riforme.




Semipresidenzialismo qualunquista



Prendete la politica italiana e tagliatela in due. Da una parte la lotta per
il potere, lo spionaggio di tutti contro tutti, l’insabbiamento dei delitti,
il razzismo per legge, i sondaggi sulla pena di morte, i salotti televisivi,
il rispetto della cultura solo davsanti alle macerie, il marco come unica
misura della coscienza civile del paese, il sogno di un’azienda Italia ricca
e indifferente.

Dall’altra parte mettete i sindaci onesti, i giudici contro la mafia, i
gruppi di volontariato, il progetto della Banca Etica, il commercio equo e
solidale, i centri sociali, i disoccupati impazienti, gli operai
massimalisti, i sindacalisti avidi, gli insegnanti fuori tema, le donne
che non stanno al loro posto, i bambini troppo vivaci, i vecchi che
respirano, i negri i froci, i marocchini e il sogno di un’Italia ricca e
leader mondiale nella lotta alla fame e allo squilibrio.

Il neo-presidente di una misera politica qualunque, cioè
aziendal-spettacolar-catodico-qualunquista, si occuperà
della prima parte. Voi occupatevi della seconda parte, che merita molto di
più il nome di politica.




Semipresidenzialismo alla Frankenstein



Prendete sessanta chili di Prodi, metteteli sott’olio e chiudetelo in frigo
fino a nuovo ordine. Dopodiché prendete un Berlusconi, lavatelo dal
fard, dividetelo a metà per il lungo (si fa per dire), ripulitelo
accuratamente di ogni capo d’accusa e lasciatelo frollare in una piscina
a ventotto gradi. A parte prendete D’Alema e dividetelo in due, stando
attenti a togliere la vescichetta biliare che contiene ancora lievi tracce
di sinistra. Fategli vedere delle copie del manifesto per farlo
spurgare. Preparate della colla strizzando per bene i capelli di Letta e
incollate i due mezzi leader lungo la linea tratteggiata da Scalfaro.
Prendete il Silviema (o l’Alemoni) così ottenuto, caricatelo su
un’auto Fiat con Valeria Marini aggrappata sul tetto e correte da Kohl
a chedere la fiducia.




Semipresidenzialismo alla Houdini



Prendete metà dei giornalisti Fininvest e versateli nella Rai e
viceversa. Scambiate i marchi dei partiti, i cellulari dei giudici,
le inchieste tra le procure e le maglie del Milan con quelle della Juventus,
fate intervistare la Marini da Fini e Mina da Ferrini. Mandate in onda,
la mattina dopo, Andreotti che legge il telegiornale coi capelli
ossigenati. Nessuno si stupirà.

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