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La vera storia di Emmanuelle

Emmanuelle si imbarca sul treno che da Milano la deve condurre a Roma. L’odore
delle lasagne surgelate, l’altoparlante interno che rutta minacce
incomprensibili, l’aria condizionata ora gelida ora rovente, sono ciò che
percepisce al suo primo impatto con questo ambiente in cui penetra (sottolineo,
penetra) per la prima volta. Sorride e allunga le lunghe gambe pigre, dorate dal
sole ibizenco, sul sedile di fronte.
Quale avventura le riserverà questo viaggio?
Appare un uomo malvestito, con il volto illividito dalla nebbia monzenca, e
chiede con voce lamentosa:
«Mi scusi, signora, non ho una lira, devo mantenere una situazione allo
sfascio: potrebbe aiutarmi per favore…?».
«Fila via, tossico», dice secca Emmanuelle.
«Ma quale tossico?», dice l’uomo, «sono il
ministro Bernini e le chiedo il trantaseiesimo
aumento annuale di prezzo del biglietto, per
migliorare il servizio ferroviario».
«E in cosa migliorerà?».
«Metteremo il supplemento “Piano ma lontano” sui treni
diretti».
Emmanuelle gli dà mille lire e stira le lunghe gambe pigre e dorate. In
quel momento entra nello scompartimento uno Sconosciuto.
Come descrivere il turbamento l’eccitazione, il know-how che invadono il cuore e lo slip
di Emmanuelle?
L’uomo è sulla cinquantina, sfoggia un gessato di Versace e un anello con
un telefono cellulare d’oro. Sottobraccio ha copie di “Max”,
“King”, “Capital”, “Allure”, “Elite” e
“Lando”. Ha un viso bello e inquietante, a metà tra il maniaco
sessuale in pensione alla Pillitteri e la cernia bollita alla Franco Carraro. Si
toglie le lunghe pigre scarpe e dice con voce sensuale:
«Le dà fastidio se fumo?».
Emmanuelle, istintivamente, si sbottona la camicetta. Il cuore le batte
furiosamente. Sta per dire qualcosa in francese ma l’uomo le squaderna davanti
una gigantesca “Gazzetta dello Sport” con il titolo “Vialli e
Vierchowood operati, Zenga cambia sesso”, e si mette a leggere. Emmanuelle
si sfila la scarpina e con la punta del piede percorre la gamba dell’uomo fino
all’obiettivo del suo malizioso desiderio, e massaggia abilmente la verga
aspettando che questa si inturgidisca e faccia assumere ai pantaloni dell’uomo
la caratteristica forma a tenda canadese. Ma l’uomo non dà segni di
inturgidimento. Emmanuelle si leva lo slip e sospira annoiata.
«Caldo, eh?», fa l’uomo. Al suo sguardo di predatore non è
sfuggito il particolare che Emmanuelle ha preso la sua copia di
“Capital”, l’ha arrotolata e la sta usando furiosamente come
succedaneo. Da uomo di mondo qual è intuisce che la donna sta civettando.
Le racconta la sua vita. Fa il procacciatore di affari, amico di Andreotti e
Gelli, di Carollo e dei fratelli Nuvoletta. E’ stato sei volte in America e tre
da Costanzo. A Milano e appena stato a cena con Pillitteri per trattare
l’acquisto della Galleria del Duomo. Si vanta di aver amici fidati nel consiglio
comunale, tanto poi tutti smentiscono ma nessuno vuole l’inchiesta. Sta andando a
Roma, dove tramite il sindaco Carraro ha già venduto la Galleria Colonna
ai Cecchi Gori, e deve piazzare una partita di bazooka e cocaina. Emmanuelle lo
trova irresistibile.
«Posso sedermi sulle sue ginocchia?», chiede con voce vellutata.
«Scusi un momento, ci metto sopra un fazzoletto perché son braghe
firmate da trecentomila lire e non vorrei che me le bagnasse».

La finezza dell’uomo provoca un ulteriore turbamento in Emmanuelle che si sfila
il secondo slip. L’uomo sembra finalmente interessato e la sua mano punta verso
il vibrante e muschiato paradiso di Emmanuelle, quando nel corridoio passa un
gruppo di tifosi della Roma sfasciando tutto. L’uomo chiede permesso, esce e
spara un intero caricatore di pistola.
«Mi perdoni», dice rientrando, «ma non sopporto gli eccessi
del tifo. Dove eravamo rimasti?».
Emmanuelle non risponde. Si è sdraiata nuda sul ripiano delle valigie e
guarda lo sconosciuto con malcelato desiderio. L’uomo si accinge alla scalata e
il cuore di Emmanuelle si
inturgidisce furiosamente quando, inopportuno, entra un inserviente.
«Già visti i biglietti?».
Lo sconosciuto estrae una tessera da killer camorrista pendolare, ma il
bigliettaio dice che andava timbrata in stazione, o al ministero degli Interni.
Lo sconosciuto butta il bigliettaio fuori dal finestrino, si sdraia sui sedili e
si mette a russare. Emmanuelle è un po’ delusa. A Firenze salgono
sedicimila persone, tutte con prenotazione, e lo scompartimento è invaso
da una comitiva di americani con otto valigie a testa. Emmanuelle viene
schiacciata sotto una “Samsonite” da tre quintali. Allunga le lunghe
pigre gambe fuori dal finestrino e si becca nelle caviglie tutti i pali da
Orvieto a Roma.
«Se incontro la Arsan», dichiara, «la strangolo con le mie
mani».

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