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Il terribile regalo di Natale

Il Natale porta doni utili e graditi, ma anche doni pacchiani, dispendiosi,
rumorosi, superflui. Ecco alcuni consigli di doni terribili per un Natale
detestabile con prezzi megalomani.



Il pupazzo parlante

Una volta c’era Cicciobello che piangeva, l’orsacchiotto che gemeva
e le bambole che emettevano suoni tra l’orgasmico e il neonatale. Adesso
una legione di zombi di pelouche e pupazzi logorroici ha invaso i negozi. Babbi
Natale che ululano, trote che cantano il blues, oche che rappano, alberi di
Natale che si contorcono, presepi che ballano una macarena collettiva. Ultimi
orrori: il robot-cane di pelo quasi vero che vi saluta quando entrate in casa,
emblema di una solitudine cosmica, e la bambola “che fa shopping insieme a
voi” nelle versioni soft e hard. Nella soft vi dice: “comprami quel
vestitino, guarda che bella vetrina, sono stanca prendiamo un drink”.
Nella hard “guarda che bel fico, su toccagli il culo, dai rapiniamo un
bancomat”. C’è anche, giuro, l’orsacchiotto giapponese
Yuki che scoreggia in tre tonalità. Prendetelo a letto fingendo che vi
intenerisce, e potrete gasare il partner senza rappresaglie, tanto è
stato Yuki. 

Dopo un Natale contrassegnato da questi regali, la vostra casa non sarà
più la stessa. Nel cuore della notte sarete svegliati da rumori
improvvisi e inspiegabili: la trota si è svegliata e canta
“Summertime”, l’albero di Natale cammina per i corridoi
imprecando, le bambole urlano tutte insieme e Yuki si esprime. Potete togliere
le pile a tutti, ma ne dimenticherete sempre uno: ad esempio Babbo Natale che
alle cinque di mattina si metterà a cantare a squarciagola. Dopo averlo
abbattuto a bastonate, potrete finalmente dormire. Entrerà un ladro furbo
cantando Jingle Bell con voce da papero e vi svaligerà la casa di tutto,
meno i pupazzi.



Il mostro al plasma

Al top dei regali terribili c’è il megatelevisore: un mostro da 55
pollici al plasma liquido del costo di diecimila e passa euro, ruotante,
basculante e con casse audio alte come totem. Al tempo di Craxi, se ricordate,
furono ritirati i televisori a cinque pollici perché non riuscivano a
contenere il volto florido del leader. Adesso si pubblicizzano megaschermi di
tre metri per ingigantire il nanismo carismatico e intellettuale del nostro
Cavaliere. Ma il mostro al plasma, pur essendo un prodigio di tecnologia,
presenta numerosi inconvenienti. Ad esempio, se ve ne regalano uno, dovrete
trovargli spazio in casa. Potete vendere la cucina e cucinare frittate sullo
schermo bollente, oppure dormirci sopra la notte attaccati come gechi. Si
segnala il caso di un signore benestante che, dopo aver ricevuto in dono due
mostri al plasma, ha dovuto comperare l’appartamento di fronte per poterli
guardare attraverso la finestra.

Inoltre la televisione italiana, a ben considerare, è composta per nove
decimi sempre dagli stessi cinquanta depressi logorroici vanesi che si invitano
vicendevolmente e prezzemolano da un canale all’altro. Per goderne tutta
la varietà basta un vecchio televisore bianco e nero a due canali: uno
per Mediaraiset e l’altro per tivù locali, satellitari e
telestreet. Ma si dice che dopo la legge Gasparri arriverà la legge
Bondi-Alberoni. Almeno una parete di ogni casa italiana dovrà essere
obbligatoriamente in plasma liquido, per ospitare le apparizioni del nano
ingigantito. Il telecomando sarà più che mai a distanza,
perché non lo avrete in mano voi ma Bondi e Alberoni, in
un’apposita sala comando tipo Star Trek.

Ma ahimè, non c’è legge o megaschermo che tenga. Silvietto,
pur avendo in mano il novanta per cento dell’informazione, continua a far
la vittima e a invocare censure. Evidentemente è il primo a sapere quanto
siano fasulle e miserabili le sue idee. E intanto la televisione perde
spettatori e il Cavaliere si ammoscia nei sondaggi. Ma guai a dirlo forte,
soprattutto a sinistra.



Il profumo

Le pubblicità dei profumi, per lo più recite di vippismo torvo o
ilarità incomprensibile, hanno quasi tutte una particolarità: che
il nome del profumo (anzi profàumo) viene pronunciato con accento
anglosassone, come se alcuni paesi fossero diventati depositari
dell’olezzo mondiale, e gli altri fossero tutti puzzoni. L’accento
francese è ormai ritenuto troppo effeminato, l’italiano serve solo
per propagandare pomodori e mafiosi, il tedesco è confinato agli ordini
militari, l’accento albanese o arabo comporta immediata espulsione.
Perciò quando andrete in profumeria, pronunciate correttamente. Certo non
è facile passare in pochi anni da Pino Silvestre Vidal a Macho Ultimate
Fashion, ma non arrendetevi. Dovete dire Disàiar e non Desire, Kepriciou
e non Capriccio. C’è gente terrorizzata che dice: mi dia una crema
da baurbon o dell’acqua di Commonwealth.

Questi profumi che promettono unicità e successo, hanno meno sex-appeal
del basilico del vostro terrazzo. Ma hanno un vantaggio: gli omaggini.
Acquistandone uno verrete sommersi da campioncini, fialette, profumini e cremine
antirughe. Potete metterne dieci in una scatola e riciclare un regalo per i
nonni. Ma attenti: alcuni nonni buttano via i campioncini, altri si profumano
come duchesse, altri ancora ci condiscono l’insalata; ma i più
furbi li versano in una bottiglietta e l’anno dopo, con un ghigno di
vendetta, vi regalano il nuovo profumo Water of Nonn.



Il telefonino che fa di più

Pompato da una campagna pubblicitaria che ci trivella da ogni schermo e pagina,
il telefono cellulare non deve più telefonare, ma diventa telecamera,
macchina fotografica, videogioco, pacemaker, rasoio, ci potete vedere i gol del
campionato, potete trovare moglie, marito o amante, potete videocollegarvi con
un altro telefonino e condividere panoramiche dei brufoli, o scambiarvi
impressioni su come funzionano i vostri telefonini. L’ultima novità
è il telefonino che parla da solo. Voi chiamate e lui sostiene la
conversazione, dovete solo scegliere la funzione. Ad esempio: saluti e baci,
seduzione, litigio, trattativa d’affari, sì mamma ti ascolto, cara
ti giuro non è vero, conversazione sul tempo, dialogo sportivo,
pettegolezzo, insulti, maniaco semplice, maniaco ansimante, annuncio di ritardo,
annuncio di suicidio, eccetera. Intanto potete riposarvi e guardare la
pubblicità dei telefonini.



Il cesto sorpresa

Va sempre di moda il cesto gastronomico contenente champagne, torrone,
cotechino, salmone affumicato, frutta secca, pandoro e scheggia di parmigiano.
Costa una cifra, ma suggerisce un’idea di abbondanza, anche se per
metà è solo paglia, come i discorsi di Pera. Prerogativa del
cesto: può essere smontato e riciclato in una decina di mini-regali. Ad
esempio: posso regalare la parte suina del cesto a mio zio e quella dolciaria ai
cugini, mentre un cugino mi smista il cotechino che lo zio gli ha regalato
l’anno prima, l’altro cugino mi restituisce i torroni del 1998, mio
zio regala al cugino il parmigiano appena rosicchiato dalla mamma e confeziona
una cesta coi resti di tutte le ceste che io gli ho regalato dal dopoguerra, e
così via. Una coppia di Salerno ha ricevuto in regalo lo scorso Natale
l’intera torta di nozze che aveva diviso a tranci in dieci ceste,
inviandole a amici vari. E’ stato un revival molto commovente, anche se la
panna trasformatasi in eternit ha impedito di consumarlo.



Il superpullover

Ogni tanto appare in qualche vetrina un pullover che sembra uguale agli altri,
ma costa dieci volte tanto. Il vero intenditore sa perché: è di un
tessuto o lana speciale che giustifica il prezzo.

Esempi:

Cashmere, filato a mano con peli persi dalle capre nei rovi di montagna del
Tibet.

Charlesmere, filato a mano da vello di pecore investite dal principe Carlo
mentre gioca a polo.

Gurumere, lana di ascella di pecora strappata a mano dai monaci nepalesi,
lavorata a un telaio di ginepro da suore macrobiotiche e colorata con pastelli
bipartisan.

Burmamere, pelo di agnello birmano lavorato a mano da bambini-schiavi per
finanziare uno dei regimi più fascisti del mondo, controllate
l’etichetta e non comprate il made in Burma.

Hornymere, rarissimo pelo dell’unico ornitorinco albino australiano, che
è costretto a girare in loden.

Efisiomere, lana di pecora sarda di Mogoro tosata a mano dal pastore Efisio e
taroccata con falsa firma a Napoli. Anche se è ruvida come una barba,
è bella e calda come le altre.

Skifmere, il raro del raro del raro. Pullover confezionato coi capelli di
Schifani, tessuto a mano da fotomontaggi di massaie di Forza Italia e tinto alla
nutella come il cranio di Berlusconi.

Prerogativa di questi superpullover: sono così esclusivi che si rifiutano
di entrare in lavatrice, si possono lavare solo in piscine di trenta metri.
Dopodiché si restringono e li potete mettere all’orsacchiotto Yuki
che vi ringrazierà come lui solo sa fare.



Nella prossima puntata: come riuscire a scrivere la letterina a Babbo Natale
senza farsela censurare. Buone feste, ma non a tutti.

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