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Divorati dal morbo argentino

L’epidemia di «argentina», che in questi giorni ha colpito l’Italia, ripropone drammaticamente il problema del T-virus, questo virus che, a intervalli regolari, miete vittime nel nostro paese. Il T-virus fece la sua comparsa negli anni 50, dapprima in forma lieve. Ne furono inizialmente colpiti i redditi più agiati. Le prime manifestazioni del morbo si ebbero con una sindrome che, per l’improvviso calare e rialzarsi della febbre, fu chiamata «Lascia o raddoppia?».

Il bacillo, osservato al monoscopio, risultava oblungo, occhialuto e munito di un caratteristico ciuffo. Si accertò che proveniva dall’America, dove tali bacilli infestavano già da tempo le case. I sintomi del morbo erano: fiacca, tendenza a stare seduti, leggero rimbambimento, perdita di interesse per la realtà, errori di grammatica in un primo stadio e poi, nella fase acuta, sguardo fisso, catatonia e delirio con perdita di identità che si esprimeva in domande assurde tipo «per due milioni e mezzo, in che giorno, mese e anno sono nato io?». Questa sindrome, detta sindrome di Mike, è tuttora latente in Italia, dove riesplode in forme nuove quali Il sesso forte o Dimmi come mangi. Il bacillo, infatti, è resistentissimo: surgelato e con un parrucchino può ritornare vitale a distanza di anni.

Altre epidemie si verificarono in seguito: ricordiamo negli anni del boom un’epidemia molto più estesa: quasi tutte le case italiane si coprirono di strane escrescenze, «le antenne», veicoli portatori del T-virus da sceneggiato o «morbo melenso» dal decorso particolarmente lungo e noioso (anche venti puntate). Sintomi: sonnolenza, pianto dirotto, depressione e, all’ultimo stadio, delirio, desiderio irrefrenabile di scrivere ad Alberto Lupo e tossico-dipendenza che portava a prendere anche venti dosi di Warner Bentivegna al mese. Ricordiamo il morbo di Topo Gigio, che fece crescere smisuratamente gli incisivi al 67% dei bambini italiani.

Ai giorni nostri, anche con la Tv riformata, queste epidemie non sono state debellate. Oltre alla sindrome di Mike, molto pericoloso è il morbo di Import, che colpisce i telespettatori per l’intossicazione di telefilm stranieri avariati, cioè quelle schifezze che le Tv straniere rifilano in serie alla nostra Tv (Su e giù per le scale, Tre nipoti e un maggiordomo, In famiglia, Le avventure di Vidocq, Marianna e via andare). I sintomi del morbo sono: stato confusionale da personaggio straniero (padre Saint Vincent che dice al barone di Placas che madame Dutour è fuggita con Michel mentre il maggiordomo William ha detto al conte Osborne Grant Wittmayer che Robert ecc.) inoltre depressione, e desiderio di ritorsioni internazionali.

Ma il più grave è senz’altro il morbo argentino (o sindrome di Tardelli, o paratifo) che colpisce in prevalenza gli spettatori adulti maschi. Sintomi: nella fase iniziale nervosismo, abbassamento di voce, scarso appetito, urla improvvise. Nella fase semifinale: afonia, disinteresse per tutto il resto, crisi nervose per interruzione sul collegamento internazionale. Nella fase finale: mutismo, delirio e pupilla a pallone (bianca a spicchi neri).

L’epidemia è contagiosissima, e ha già colpito anche il 90% dei giornalisti tv. Mario Pastore ha detto all’ultimo Tg: ci sarebbe anche la notizia di un’invasione della Sicilia da parte di para bulgari, ma vedo sullo schermo che le squadre stanno rientrando in campo.

Paolo Grassi dichiara: «La Tv deve avere una funzione critica». Che gran burlone! Gli va benissimo che il baraccone tv diventi il re dell’interesse non certo con la critica, ma con i bombardamenti di calcio. Evviva il mundial! Ma pensate se la Tv usasse lo stesso spiegamento di mezzi, giornalisti, ospiti, interviste, moviole, analisi e riassunti, per un qualsiasi scandalo politico. Magari farebbe finalmente nascere una epidemia di indignazione.

Ma non succederà: in Italia, a furor di popolo, può saltare un centravanti, ma non un ministro. Pazienza. Teniamoci la febbre del mundial. Curiamoci, ogni tanto con una compressa di A me gli occhi con Proietti, con Vecchio mio di Mariotti, il teatro di Buazzelli, il documentario sul Tibet, la serie dei film… Purtroppo devo interrompermi perché vedo, sullo schermo, il libero tedesco che rientra in campo e, minaccioso, mi fa segno che l’intervallo è finito.

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