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Condannate Bentivegna!

È singolare l’attenzione che la Tv dedica ai processi. È singolare l’interesse e gli alti indici di gradimento del pubblico. Si può proprio dire che, in Italia, la giustizia è davanti agli occhi di tutti. Sta parlando del processo Lockheed, penserete. No, purtroppo no. Se ne è parlato ben poco, in Tv e sulla stampa. Nei telegiornali di questi giorni, solo una breve notizia: un esponente del collegio d’accusa dice che forse potremo avere una sentenza prima di Natale, se la difesa rinuncerà alla replica. Una prima sentenza l’abbiamo già avuta: e cioè che non interessa più niente quasi a nessuno.

Allora si sta parlando del processo di Catanzaro, direte. Nemmeno. Anche questo è scomparso dai telegiornali e dalle prime pagine. Neanche la notizia della fuga di Freda e il nuovo vergognoso tentativo di escludere le responsabilità del Sid e degli organi di Stato sembra indignare più di tanto. E sì che su Piazza Fontana qualche inchiesta non «addormentata» c’era stata in Tv, e con dieci anni di storie, rinvii, misteri, personaggi e interpreti, ci sarebbe da fare un bel romanzone.

Ma c’è un processo più importante, implacabile, inesorabile che torna ad attanagliare lo stomaco degli italiani. Nove ore di trasmissione, torna Una tragedia americana, polpettone d’epoca nel quale Anton Giulio Majano batte ai punti Dreiser. Dopo 16 anni, è tornato sul banco degli imputati Warner Bentivegna, boccheggiante come una carpa ed espressivo come un cocomero al buio.

Quando boccheggiò la prima volta era il 1962, anno dello scandalo di Fiumicino. Altri tempi, tutto diverso. Pensate, nello scandalo erano coinvolti colonnelli, generali, ex-ministri, ministri. Che tempi strani! Pensate che ministro della Difesa, implicato nello scandalo, c’era un certo Andrigotti, o Andreozzi, anzi, mi pare Andreotti. Chissà dove sarà finito. Certo, una carriera politica troncata. C’erano anche un certo Togni e un certo Zaccagnini. Il primo credo abbia fondato un circo, il secondo non so. Un giornale, quell’anno, uscì con il titolo «moralizzare!». Un tipografo disse: «Beh, non buttiamolo via, chissà se può servire ancora».

Comunque, anche in quei tempi incredibili in cui i democristiani restavano coinvolti in scandali, la Tv aveva già trovato il colpevole: Warner Bentivegna. E tutto il paese seguì la feroce requisitoria del pubblico ministero Ferren, cioè Alberto Lupo cattivo, che faceva condannare a morte Bentivegna, povera carpa rea solo di aver lasciato andare a fondo la fidanzata in un laghetto e aver concupito l’amore e la ricchezza di Virna Lisi.

Il paese si divise in innocentisti e colpevolisti pro-carpa e pro-lupo. Fiumicino svanì nella nebbia. Da allora, per anni al paese furono sfornate in serie molte tragedie processuali americane e pochi processi italiani. Da Perry Mason a La parola alla difesa non ci fu colpevole (americano) reo di truffa o di omicidio (in territorio americano) che non fosse portato davanti ai giudici (americani) e malgrado le pressioni degli insabbiatori regolarmente condannato. Ciò ci rassicurò: la giustizia funzionava (nei film americani).

Poi qualcosa cambiò anche nella Tv. Ma dopo qualche programma coraggioso e qualche speranza, chissà perché, ci tocca nuovamente di veder carpeggiare Bentivegna, e abbiamo la sensazione che sui processi italiani si abbia una gran paura di informare e muovere lo stagno. E come allora, basta poco a consolarci tutti. Quando Bentivegna viene messo letteralmente in barca, in mezzo al tribunale, perché Alberto Lupo cattivo vuole ricostruire la scena dell’affogamento, soffriamo per lui, ma sentiamo che quella è la vendetta della giustizia. In quel momento, sulla scena, c’è tutta la vita politica italiana.

E il procuratore Ferren, che in questi 16 anni ha fatto carriera politica ed è diventato uno dei baluardi dell’Inquirente, urla implacabile: «Sei tu, Warner Bentivegna, che hai messo le bombe a Piazza Fontana. Ti ha riconosciuto una tua ammiratrice! Hai anche preso i fondi neri Montedison e i soldi Esso e Itt per comprare la pelliccia di volpe a Virna Lisi. Confessa! E adesso fila in galera e non sperare di uscire come tutti e 30 i condannati del golpe Borghese. Qua siamo in un telefilm americano, mica in Italia!». Tremendo.

Molte lune sono passate dal 1962, ma se per caso ci saranno tra breve sentenze scandalose (e sono nell’aria) potremo consolarci. È vero, l’hanno fatta franca in molti, ma Bentivegna, per dio, l’abbiamo fregato due volte in sedici anni!

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