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Attenti agli estremisti

Un pericolo mortale grava sul nostro paese, su monumenti e panorami, su fiumi e
maggesi, su ricchezze naturali, artistiche e patrimoniali. Un manipolo di
estremisti esagitati, i No process, da tempo sta attuando il suo disegno
eversivo con fredda determinazione. Sbucati dai loro covi, cantine di logge,
sedi democristiane franate, consigli di amministrazione e assoluzioni con
condizionale, sono apparsi sulla scena mascherati da moderati e riformisti e
hanno invaso i patrii confini facendo scempio di tutto. Attentati alla
costituzione, scippi di leggi, stupro di bilanci, corruzione di giudici,
collusioni mafiose, assoli di piano alla Camere, saccheggio di televisioni,
spaccio di inflazione, non c’è schifezza che non abbiano commesso.
Ma c’è di più: in nome del loro estremismo maggioritario,
essi non accettano più nessuna legge dello stato. La loro ferrea
ideologia nonprocessista sostiene che chi ottiene la muscolatura del cinquantun
per cento dei voti, prende tutto. Anche ora che metà e più del
paese si sta ribellando ai loro assordanti slogan e alle loro tronfie sfilate,
anche ora che è evidente la loro sconfitta politica e ideale, questi
attempati giovinastri usano l’arroganza del maggioritarismo estremista per
non rendere conto del loro fallimento. Tremiamo a pensare che la bella Roma dei
resti imperiali, il Piemonte della scomparsa civiltà agnellica, la
Padania dai virili e nebbiosi panorami, il Nord-Est etilico e laborioso e la
Sicilia erede della Magna Grecia siano percorse dai cortei delle auto blu e
degli elicotteri rombanti di questi ultrà, ridicolmente bardati con
doppiopetti blu, riporti, ciprie e siliconi. Per non parlare del loro leader, un
bugiardo matricolato, un estremista nostalgico che conserva ancora in camera i
poster di Ceaucescu e Amin Dada. E della sua ghenga ricattante, incalzante e
avida di immunità parlamentare.
Questo paese è stanco delle loro prepotenze, del loro lusso ostentato,
delle loro finanziarie sghembe, degli avvocati bercianti, delle mazurche
pianistiche e dei ricatti piduisti. Ma a chi chiedere un severo provvedimento
contro questi teppisti in ghingheri? Non al ministro dell’interno Pisanu,
che per quarant’anni ha fatto parte della congiura comunista che ha
guidato il paese, ma ultimamente ci sembra aver cambiato bandiera e busta paga.
Non al benzinaio più potente del mondo, George Bush, che deve fare subito
una guerra per non scomparire e tornare quello che effettivamente è, un
omuncolo che nessun sopratacco berlusconiano può elevare. Non i
miliardari arabi che speculano in borsa sui loro attentati, e per i quali
l’Italia è una manciata di spiccioli. Non può aiutarci
Vladimir Baygonovic Putin, la cui enfasi di disinfestatore ha spesso fastidiosi
effetti collaterali. Non basta il coraggioso compagno Tremonti, il cui metodico
sabotaggio dell’economia governativa è la prova che il suo cuore
batte ancora a sinistra. Non possiamo sperare nel ministro Celebbiduro Bossi,
che a mollo nella sua piscina recintata ha barattato le vecchie sparate
antifasciste con una comoda vita padano-matriciana da clone di Silvio. Non Fini,
in agguato aspettando che gli si aprano le porte di qualche sala operativa della
polizia. Non il portinaio del Senato, Pannolone Pera, uno che ormai si
delegittima addosso a ogni seduta.
Non suor Letizia Moratti dell’Opus Dei, che sogna una scuola di piersilvi
e piersilvie. Non Ciampi, presidente straparlante e strafirmante. Non Casini e i
Savoia. Nemmeno quei dirigenti della sinistra, il cui lodevole sforzo di
dimostrarci che i No Process non sono un regime è ormai la sola speranza
di questo regime. Non gli artisti e intellettuali che senza battere ciglio hanno
traslocato i loro privilegi dalle Piazze del Popolo alla Casa della
Libertà. Eppure si può ancora salvare il patrimonio italico, e
nobili antichità quali marmi, affreschi e articoli della costituzione. Si
può impedire che il raduno dei No Process diventi ventennio. Può
farlo la metà degli italiani che non ha più alcuna rappresentanza
né voce che non sia conquistata e faticosa. I cittadini la cui sacrosanta
voce critica viene disprezzata, e che ridono, ma con molta amarezza, nel sentir
parlare di legalità da parte di un regime che ha fatto di una continua,
arrogante erosione della legalità il miserabile strumento della pochezza
politica e dell’accumulo di potere. Un regime che militarizza
l’informazione e semina paura, confezionando gas per intossicare ogni
futuro e speranza.
Potrebbero fare molto i dirigenti della sinistruzia, se da oggi cominciassero a
chiamare i No Process e le loro azioni col vero nome, se dessero più
ascolto alla protesta operaia che ai dubbi della Confindustria, se avessero un
po’ meno sospetti sulla Cgil e qualcuno di più sull’Opus Dei.
E soprattutto se qualcuno la smettesse di lamentarsi dello scippo della Rai e
rischiasse soldi e faccia per fare qualche nuova piccola televisione di
sinistra, lanciandosi in questa impresa per dovere civico e non solo per
guadagnarci. Beato e felice chi continua a credere che il pericolo per la
democrazia italiana siano i no global, imparerà a sua spese che i No
Process sono molto più potenti, meglio armati e malintenzionati. E’
improbabile, ma è doveroso temere che qualche cialtrone o provocatore
abbia intenzione di esibirsi a Firenze, e gli organizzatori devono essere
più che pronti a affrontare il problema. Ma è doverosissimo e
necessario gridare che questo regime di incapaci e mentitori fa ogni giorno i
danni che centomila no global non potrebbero fare in un mese.
Non siamo tra quelli che esaltano le grandi adunate, né i riflettori
accesi sui grandi eventi, pensiamo che Genova o Firenze possano essere grandi
occasioni e dinamo di energia politica, ma non le tappe fondamentali di una
lotta che è quotidiana, lenta, diffusa. Non solo da questi grandi
palcoscenici mediatici, ma da ogni piccolo teatro di resistenza la sinistra
dovrebbe saper gridare, dimostrare, diffondere questa semplice verità:
che i No Process non sono più maggioranza nella coscienza del paese, sono
già politicamente falliti. Solo la truffa che ha sponsorizzato il
maggioritario come garanzia di maggior democrazia, solo un patto disperato tra
speculatori in rovina, solo la farsa della silvioinformazione italiana tiene in
vita questi bugiardi. Saranno spazzati via, senza vendette e senza rimpianti,
perché il nostro paese, e il mondo intero, devono affrontare prove
terribili, per cui serve gente migliore. Ma se qualcuno a sinistra crede davvero
che il pericolo alla democrazia italiana venga dai no global e dalla Cgil e non
dai No Process e dai Blackbloc delle eterne logge segrete patrie, allora prepari
subito teloni di salvataggio, salvacondotti, stampelle, inciuci e rattoppi. Ma
non si chiamerà salvare la democrazia. Si chiamerà, una volta per
tutte, complicità.

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