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Libertà dal destino

Tragedia da bar.

Personaggi principali:

il barista; il cliente



– Qualcosa da bere, signore?

– Qualcosa di forte, di molto forte.

– Ha bisogno di tirarsi su, signore?

– Ebbene sì.

– Un Bloody Mary andrebbe bene?

– Ehm, sì.

– Una delusione d’amore?

– Come lo ha capito?

– Dal sospiro, signore.

– Dal sospiro?

– Esattamente. Il sospiro dell’innamorato deluso è
assai diverso dal sospiro del bancarottiere o del
semplice depresso. Faccio il barista da trent’anni
e non mi è difficile riconoscerlo:
lei ha tutti i sintomi di un uomo abbandonato di fresco.

– Be’, non ci vuole molto. Basta guardarmi in faccia.

– Certo. Una ragazza alta e bionda, vero?

– Questo come fa a saperlo?

– Deduzione di barista. Lei ha un capello biondo sulla spalla
e un segno recente di rossetto sulla tempia.
Essendo lei di buona statura, solo una ragazza alta almeno
un metro e settantacinque può lasciarle un segno così.

– Straordinario. E mi sa dire altro, caro il mio Sherlock Barman?

– La donna si chiama Maria, fa la hostess, le piacciono gli animali
e andare al Luna Park.

– È tutto vero. Ma lei è un medium, indovino o
cosa?

– Le ripeto, semplice spirito di osservazione baristica.
Lei ha trasalito quando ho detto il nome del
cocktail Bloody Mary, dal che ho dedotto che Maria,
o Marina, doveva essere il nome della donna
che la turba. Inoltre lei ha posto qui sul bancone
un pacchetto di sigarette senza marca da bollo, e
non essendo tipo da acquistare al contrabbando,
ne deduco che glieli compri lei sull’aereo, e anche
la sua cravatta è di un modello che si vende nelle
boutique aeroportuali. Inoltre quell’accendino con
il cockerino, via, non è da lei.
È un regalo di Maria, vero?
Infine quello lì, vicino all’accendino, è un
gettone da Luna Park, autoscontri o qualcosa di simile.

– È tutto esatto. Ma allora mi può dire anche perché
Maria mi ha lasciato?

– Be’, anzitutto la sua gelosia morbosa per quel pilota.

– Vero anche questo. Ma lei come fa…

– Ovviamente, se lei è innamorato di una hostess non
può che essere geloso di un pilota, infatti vedo che
lei indossa giacca celeste e occhiali scuri, quindi
inconsciamente tende a vestirsi come un pilota, per
competere col fantasma del suo rivale.

– Va bene, va bene, Sherlock Barman. Ma adesso non
mi dica che sa anche perché abbiamo litigato.

– I piatti, signore?

– Per dio, è vero. Ha tirato a indovinare?

– No, le riassumo com’è andata. Maria torna a casa
stanca, tuttavia acconsente a cucinare per lei.
Quella macchia di pomodoro fresco sul suo abito lo testimonia,
ed è uno schizzo che viene da un tegame
casalingo, non da un tavolo di ristorante. Poi Maria
le chiede di lavare almeno i piatti. Lei mugugna, ma
inizia a farlo, maldestramente però,
come testimonia l’odore di detersivo che viene dalla manica della sua camicia.
Ma poi rompe subito un piatto e si
ferisce l’indice della mano destra, proprio lì…

– Ma…

– Non m’interrompa, Maria si arrabbia e grida «sei
un incapace», lei la afferra per i polsi, noto il segno
del braccialetto sul palmo della mano, Maria la
graffia sul collo, vi avvinghiate e, come spesso succede in questi casi,
vi eccitate e state per fare l’amore.

– Questo come lo sa?

– Camicia slacciata, pantaloni abbottonati storti, un
vago odore di liquidi capronici che lei ancora emana.
Ma poi Maria si ribella perché lei la vuole prendere da dietro,
e le dà un colpo col tacco delle scarpe sullo stinco,
ecco laggiù il segno, e poi le appioppa un gran ceffone sul collo.
Scoppia la rissa,
vi bombardate di piatti e ne fracassate a dozzine,
infatti nel risvolto dei suoi pantaloni noto delle
schegge di porcellana. Maria si strappa la collana
che lei le ha regalato urlando «non voglio più
niente di tuo» ed esce sbattendo la porta.
Lei meccanicamente raccoglie qualche perla e se la mette nel
taschino, eccole lì, poi cerca di raggiungerla ma sul
pianerottolo inciampa nelle perle e cade, infatti è
entrato qui zoppicando e tenendosi la schiena.

– Lei mi fa paura…

– Poi lei corre in strada, senza neanche il cappotto,
ma non trova più Maria. E ora è qui davanti a me,
disperato.

– Allora se sa tutto, mi sa dire anche come finirà?

– Posso provarci. Maria è inviperita.
Le hostess hanno forti squilibri nervosi per via dei cambiamenti di fuso orario.
La sua ormai, mi scusi, ex donna corre a farsi consolare dal suo pilota al Bar
Rudy, quello dove si ritrovano tutti i piloti d’aereo a quest’ora.
Ma oggi è lunedì e il Bar Rudy è
chiuso. Allora fa cento metri e lo trova al Bar Paolo,
ma Maria dice al pilota «ti prego, non restiamo in questo posto».
Perché «Paolo» è il suo nome, signore,
c’è scritto sulla piastrina che ha al
collo, e Maria è così furente che non vuole nulla
che le ricordi lei!

– Va bene. Ma allora, che fanno?

– Dato che cinque minuti fa si è messo a piovere,
si rifugiano nel bar più vicino.

– E cioè?

– Questo, signore. Secondo i miei calcoli dovrebbero entrare qui più
o meno tra un minuto…

– E cosa accadrà allora?

– Penso che lei, signore, andrà su tutte le furie,
perché non sopporterà la vista dei due abbracciati,
poiché niente come la pioggia avvicina sentimentalmente
e carnalmente una hostess e un pilota. Inoltre,
essendo la sua Maria un bel caratterino, penso che la provocherà.

– E allora?

– Allora lei estrarrà la pistola che incidentalmente
ho intravisto sotto la giacca. Ma è un grosso errore.
Perché lì a quel tavolo, vede, c’è un poliziotto in
borghese, lo riconosco dal taglio dei capelli e dalle scarpe.
L’agente tirerà fuori la pistola d’ordinanza
che porta infilata alla cintura, vede lì sotto il rigonfio,
e la fredderà in meno di un istante…

– Ridicolo. E poi il minuto è passato e non si è ancora visto nessuno.

– Già! Dimenticavo che qua, proprio all’angolo, c’è un
negozio di casalinghi. Maria non resisterà alla tentazione di guardare
se c’è un servizio di piatti adatto a sostituire quello appena distrutto nel litigio.

– Quindi?

– Quindi c’è un lieve ritardo. Ma ecco, come previsto, eccoli qua…

– Oh dio, no!

– Stia calmo signore!



– Ah, sei qui Paolo, ancora tra i piedi. Ma non avevi
detto che andavi a spararti?

– Maria, non provocarmi.

– E chi vuole provocarti? Ti presento il comandante
Serioli, il pilota del mio aereo.

– Piacere…

– Piacere un cazzo! Hai fatto in fretta a sostituirmi,
eh, troia?

– Paolo, sei il solito cafone!

– Le proibisco di insultare la signorina…

– Ah sì? Perché se no cosa fai, bellimbusto?
Credi di farmi paura?

– Paolo, sei pazzo, metti giù quella pistola!

– No, la devi pagare, puttana, e anche tu, bastardo,
chissà da quanti anni mi prendevate in giro voi due,
ma la pagherete!

– Fermo! Polizia! Metta giù quell’arma o sparo!

– Troia, ti uccido!

1. Sparo.

2. Urlo.

3. Tonfo.



– Oh dio, l’ha ucciso.

– Ho dovuto sparare signorina, quel pazzo stava per
fare fuoco…

– Aiuto, muoio…

– Chiamate un’ambulanza.

– Perde molto sangue, non ce la farà.

– Cos’è successo?

– C’è stata una sparatoria, un agente ha sparato a un
uomo ma quello si è abbassato di colpo ed è stato
colpito a morte il barista.

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