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La mia vittoria

Sono George Wermacht Bush, presidente della più grande ex-democrazia del
mondo. Prima di partire per il week-end nel mio chalet, dove mi distrarrò
pescando le trote col mitra, vorrei tenere una breve e vittoriosa conferenza
stampa. Saluto i giornalisti presenti: riportate fedelmente le mie parole e non
spaventatevi se vi parlo dalla torretta di un carro armato. Mi piace stare
quassù: niente come le armi eccita chi ha schivato il militare, come ha
fatto il sottoscritto, e quasi tutti i senatori Usa. Il primo passo verso la
liberazione dell’Iraq, del Medio Oriente, e del mondo è compiuto,
ma il campionato è lungo e molto resta da fare. Abbiamo abbattuto la
statua del rais, simbolo di una tirannia obsoleta. Quando hai i B 52, non
hai bisogno di una grande statua perché la gente ti guardi dal basso. In
Iraq lo scontro è stato preventivo ma duro. Sapevamo di avere di fronte
un avversario preponderante, con un’aviazione micidiale, missili di ottima
annata, armi chimiche e di sterminio totale. Ed ecco la prima subdola mossa del
nemico. Esso ha nascosto il suo terrificante potenziale militare causandoci non
poche difficoltà.
Le centinaia di caccia iracheni non sono decollati, mettendo in crisi la nostra
aviazione che li cercava giorno e notte. I missili che molto astutamente avevamo
fatto distruggere dagli ispettori Onu non sono partiti. I tank avevano la targa
babilonese. Le armi chimiche non c’erano, abbiamo trovato solo atropina,
calzini vecchi e magnesia. Adesso ci toccherà di trasportare un po’
di schifezze sul posto. La Bayer ci manderà medicine tossiche come il
lipobay, McDonald’s il suo famoso Blob Burger. Berlusconi ci ha promesso
la discarica di suo fratello. Soldati in mutande si sono arresi ai nostri tank
che li hanno spalmati sulla sabbia del deserto. Non siamo venuti qui per
caricare autostoppisti. Il grande esercito iracheno ha astutamente finto di
essere male armato, affamato, antiquato.
A questo punto, come potevamo combattere una guerra senza nemico? Avremmo dovuto
dare ragione ai nostri detrattori, quelli che dicevano che Saddam poteva essere
disarmato in pochi mesi dall’Onu. Non ho niente contro l’Onu, anche
se preferisco il Rotary. Credo anzi che il lavoro degli ispettori sia stato
molto utile: gli abbiamo fregato le mappe delle caserme e dei depositi, e
abbiamo sparato sul sicuro.
Ma questa guerra aveva bisogno di un po’ di suspence, e per fortuna
c’era Saddam. Lui è servito a dare dignità di operazione
militare a questo tiro al bersaglio. Bisognava eliminare il rais, e
poiché si spostava come una talpa, dovevamo cacciarlo. Nel corso di
questa caccia abbiamo colpito: Tre mercati, due ospedali e una televisione. Un
albergo, una scuola e due quartieri residenziali. Un tot di civili e soldati
iracheni. Cento soldati inglesi a piedi e in elicottero. Cinquanta soldati
americani. Un imprecisato numero di curdi, tanto quelli non li conta mai
nessuno. Un gruppo di giordani. Undici afghani. Un cameraman ukraino e uno
spagnolo. Un camion di mamme e bambini. Cinque addetti d’ambasciata russi
(l’ambasciatore ci è scappato… pardon si è salvato). Una
suora in motorino. Un’ambulanza della Croce Rossa. Diversi villaggi
sospetti di essere siti chimici. Così imparano a cucinare i peperoni.
Abbiamo ucciso Alì il chimico, Fatima la tossica, Mohamed il velenoso e
Selim il boleto. Siamo rimasti vivi solo noi: George l’ubriacone, Rumsfeld
il cocainomane, Osama il dialitico e Saddam il clonato. Per ultimo, abbiamo
tentato di colpire Lilli Gruber, scambiata per il rais. E’ vero, non gli
somiglia molto, ma era a trecento metri e aveva un microfono in mano.
Naturalmente ora che è caduta Baghdad ci toccherà di accoppare
anche Saddam, anche se la Cia preferirebbe prenderlo vivo e surgelarlo insieme a
Toro Seduto e a Khomeini, magari torna buono tra qualche anno. Poi ci prenderemo
il petrolio, e gestiremo le faide e le vendette di questo paese. Correrà
altro sangue, ma pazienza. Siamo indifferenti sia alla gioia di alcuni iracheni
per la fine della tirannia, sia alla resistenza disperata di altri: i primi li
fotografiamo, i secondi li massacriamo. Quello che ci rode è che, a onta
dei molti megafoni della nostra propaganda, sappiamo bene che alla fine non
riusciremo a passare per liberatori. Ahimè, questa volta siamo stati
smascherati.
Ebbene sì, cari sudditi americani e alleati: siamo la razza eletta e
l’esercito più potente del mondo, ma abbiamo alcuni difetti.
Combattiamo sempre cinquanta contro uno, inventiamo i motivi delle guerre,
torturiamo i prigionieri, spariamo sui civili, e diciamo un sacco di bugie. Ma
nell’inventare e riciclare Nemici Terribili e Potentissimi siamo i
migliori. E li scegliamo sempre capi di un popolo impoverito e sofferente.
A questo punto sarebbe un peccato sprecare questa nostra abilità. Questa
invasione non ci basta, questo petrolio è poco, le fabbriche di armi non
possono fermare la produzione, Rumsfeld ha comprato gli anfibi nuovi, abbiamo
bisogno di un nuovo nemico, subito. Il mondo pagherà l’offesa di
averci isolato, i pacifisti di averci sputtanato, il papa di averci sgridato.
Siamo un popolo pacifico, ma nei prossimi anni triplicheremo le spese militari.
Siamo un popolo democratico, ma la Cia ha ripreso a schedare insegnanti,
giornalisti e intellettuali. Siamo un popolo multietnico ma in mano a un
elìte di straricchi bianchi.
Avete visto le prime nostre reazioni alla caduta di Baghdad? Cheney ha detto,
vaffanculo l’Onu, l’Iraq lo ricostruiamo noi. Rumsfeld ha detto, non
cesseremo il fuoco finché l’ultimo uomo di Saddam non sarà
morto. Powell si è lamentato perché Osama non si fa vivo. Bolton
ha detto: l’Iraq serva di monito a Siria Iran e Corea del Nord. Vi
sembrano frasi che segnano l’inizio di un periodo di pace? Io non mi
aggiungerò a queste voci minacciose, a me interessa solo essere rieletto
e che la Esso mi dia il sette per cento sui barili. Però vi faccio notare
che in Cina sono spuntati questi scarafaggi portatori di polmonite. Ieri, alla
Casa bianca, ne è stato visto uno rubare un chicco di riso. Non siamo
paranoici, ma se i musi gialli vogliono iniziare la guerra blatto-batteriologica,
abbiamo abbastanza armi nucleari da disinfestare tutto il loro
obeso paese. Siamo un paese pacifico, ma l’igiene prima di tutto.
L’operazione guerra infinita è iniziata. Nessuno si stupisca. Vi
interrogate, giustamente, sul perché in tanti odiano l’America.
Cominciate anche a chiedervi perché tanti americani odiano il resto del
mondo.
Perciò cari giornalisti e operatori, quando tornerete al vostro giornale
o alla vostra televisione, se li troverete ancora, diffondete al vostro pubblico
questa notizia: da oggi nessuno è al sicuro. Parafrasando
un fottuto scrittore americano filocubano comunista: non ti chiedere mai per chi
suona la sirena. Essa suona per te. Arrivederci e andate con Dio. Il mio, non
quello del papa.

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